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Shakhtar Donetsk: tra paura e speranza si prova a ripartire

Via tutte le stelle, che hanno approfittato delle regole introdotte dalla Fifa. Il 23 agosto inizia il campionato: sospensioni durante i raid aerei e rifugi anti-bombe

I tifosi ucraini in occasione dell’amichevole con l’Utrecht, giocata in Olanda lo scorso 30 luglio e terminata 2-2

I tifosi ucraini in occasione dell’amichevole con l’Utrecht, giocata in Olanda lo scorso 30 luglio e terminata 2-2 (GETTY IMAGES)

06 Agosto 2022 - 13:16

Paura e incertezza la fanno da padrone in casa dello Shakhtar Donetsk, avversario della Roma domani sera allo Stadio Olimpico. Così come tutte le squadre ucraine, gli arancio-neri vivono sentimenti ambivalenti da quando la Federcalcio locale ha annunciato che il 23 agosto inizierà la Prem’’jer-liha, interrotta lo scorso 24 febbraio dopo l’inizio del conflitto con la Russia e dichiarata conclusa il 26 aprile. Per i “Minatori” sono lontani i fasti di un tempo, quando Lucescu dalla panchina guidava un’orchestra in salsa brasiliana nella quale spiccavano Mkhitaryan e i verdeoro Willian, Douglas Costa e Luiz Adriano.

Praticamente tutte le stelle presenti in rosa fino a pochi mesi fa hanno fatto le valigie, approfittando della regola FIFA che permette ai calciatori stranieri di lasciare l’Ucraina, accasandosi senza problemi di sorta in altri club fino al 30 giugno 2023. Regola che non è andata giù a Sergei Palkin, Ceo dello Shakhtar; in un’intervista di pochi giorni fa a Sky Sports UK, ha accusato di "negligenza" il massimo organo calcistico, sostenendo che nel prendere la decisione sono stati ignorati sia i club, sia la Federazione ucraina.

Ora il club chiede 50 milioni di euro di risarcimento danni per mancati ricavi dalle cessioni, e per ottenerlo ha fatto appello alla Corte arbitrale per lo Sport. Del resto, gli addii di Marlos (Athletico Paranaense), Dodò (Fiorentina), Ismaily (Lilla), Marlon (Monza) e Marcos Antonio (Lazio) in un colpo solo hanno di fatto smembrato la squadra, che ha perso anche il tecnico Roberto De Zerbi. Al suo posto, in panchina ora siede il croato Igor Jovicevic, ex Dnipro. 

Nel corso dell’estate la squadra si è imbarcata nel cosiddetto “Global Tour for Peace”, giocando amichevoli per raccogliere fondi in favore dell’esercito ucraino e delle vittime della guerra. Di recente, in Olanda, lo Shakhtar ha affrontato l’Ajax (ko per 3-1) e l’Utrecht (2-2) e ora si appresta a fare tappa all’Olimpico.

L’esilio forzato

Lontani da casa ormai dal 2014, quando ebbe inizio l’offensiva russa nella regione del Donbass, i “Minatori” sono ormai abituati (loro malgrado) a girare il Paese per giocare a calcio: di volta in volta, Leopoli, Charkiv e Kiev hanno ospitato le loro partite. E così sarà anche quest’anno: la maggior parte delle squadre giocheranno gli incontri casalinghi nell’area di Kiev, e nella zona occidentale dell’Ucraina. Tutto, però, dipende dalla situazione a ridosso della partenza del campionato: la certezza si avrà soltanto nei giorni immediatamente precedenti al 23 agosto. 

Incertezza e precarietà, dunque, ma anche tanta voglia di tornare a dare speranza al popolo e di lanciare un messaggio. "Giocare a calcio durante la guerra - ha detto il presidente della Federcalcio Andriy Pavelko - non riguarda soltanto lo sport. Si tratta di dimostrare l’impavidità del nostro popolo. È un’iniziativa unica nella storia: il calcio contro la guerra in condizioni di guerra, il calcio in nome della pace".

Ammesso che si riprenda, il campionato si disputerà in condizioni a dir poco d’emergenza: le partite saranno ovviamente a porte chiuse, e saranno previste interruzioni durante i raid aerei, con calciatori e staff che dovranno rifugiarsi in appositi rifugi anti-bombe. Difficile immaginare con quale spirito si possa tornare in campo, ma i vertici del calcio ucraino sono pronti, e stanno meditando se far riprendere anche la seconda serie. 

Quel che è certo, per lo Shakhtar Donetsk, è che prenderà parte alla prossima Champions League: il club ha raggiunto un accordo con il Legia per disputare le partite casalinghe della competizione europea a Varsavia, allo Stadio dell’Esercito polacco. "Speriamo davvero - ha detto il Ceo, Palkin - nel supporto dei tifosi dello Shakhtar e del Legia, dei polacchi e degli ucraini che attualmente risiedono a Varsavia e in altre città. Crediamo che le ottime condizioni fornite dal Legia e l’incredibile atmosfera creata dai tifosi allo stadio aiuteranno lo Shakhtar a fare bene in questa edizione della Champions". 

Domani gli arancio-neri avranno modo di assaggiare un altro pizzico di normalità con il calore dello Stadio Olimpico, pronto a salutare la Roma dopo la pausa estiva. Perché un calcio a un pallone non basta, da solo, a riportare il sereno, è vero; ma può quanto meno offrire una speranza nel futuro a chi da tempo vive nella paura. 

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