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Giannitti non ha dubbi: "Monchi è un modello, il problema non è il mercato"

Intervista al direttore sportivo del Frosinone, che stasera affronterà la Roma all'Olimpico nella sesta giornata di campionato

Giannitti e Stirpe, di Sync

Giannitti e Stirpe, di Sync

26 Settembre 2018 - 08:56

«Monchi è un modello e il problema di questa Roma non è il mercato». A parlare è Marco Giannitti, da cinque anni direttore sportivo del Frosinone che stasera sfida i giallorossi all'Olimpico nel turno infrasettimanale di Serie A. Una gara che sa già di ultima spiaggia per due club che hanno avuto un inizio di campionato difficile.

Un solo punto in cinque partite e zero gol fatti, che momento sta vivendo il Frosinone?
«Nonostante la classifica, la squadra ha fatto sempre grandi prestazioni. Anche domenica contro la Juventus abbiamo dimostrato di giocarcela con tutti con grande impegno e grande voglia».

Con quale spirito affronterete la Roma?
«Sarà una partita delicata per entrambe le squadre. Noi dobbiamo essere bravi e fare la stessa prestazione che abbiamo fatto contro la Juventus. Ci aspetta una gara molto dura ma dopo la partita di domenica ci aspettiamo tanto da questo gruppo».

Anche i giallorossi stanno attraversando un momento difficile, che Roma vi aspettate di trovare?
«Da quello che leggo, per la Roma le prossime due partite saranno come due finali di coppa del mondo e noi dovremo essere bravi a giocarcela allo stesso livello. Troveremo una squadra molto concentrata e vogliosa. Anche cattiva volendo. E noi dovremo essere bravissimi a rispondere colpo su colpo. La Roma è una grande squadra e dovremo stare concentrati fino all'ultimo minuto».

Da direttore sportivo a direttore sportivo, come giudica l'operato di Monchi?
«Da addetto ai lavori io suddivido il mercato in due fasi: uno "aziendalista" e uno tecnico. Io penso che Monchi si sia mosso con grande senso di appartenenza verso la società. Ha fatto un mercato per rimpiazzare e uno per monetizzare. Il problema della Roma non è il mercato, è solo un momento che stanno attraversando. Non è stato un mercato sbagliato e da ds lo appoggio in toto. Solo una cessione è stata dolorosa».

Quale?
«Quella di Alisson perché parliamo di un giocatore unico nel suo ruolo ma quando un direttore sportivo vende un giocatore sa tante cose che le altre persone non sanno. Quando rifiuti così tanti soldi per un calciatore, lo abbiamo visto anche in passato, magari l'anno successivo non è più lo stesso. A quelle cifre devi venderlo per forza, quando incassi tutti quei soldi significa anche che è stato fatto un grande lavoro in precedenza sul giocatore».

Lei come ds si affida ai dati o allo scouting tradizionale?
«Cerco di prendere qualcosa da entrambe le filosofie. Ma per me un ds deve essere presente, toccare con mano il giocatore. Non basta conoscere solo l'aspetto tecnico-tattico, devi capire la sua provenienza, il suo dna e la sua storia. Studiarlo a 360 gradi».

In passato tra Frosinone e Roma ci sono stati diversi intrecci di mercato...
«Gerson era molto vicino, abbiamo chiesto informazioni ma il ragazzo aveva altre velleità. Castan invece è stata una nostra scelta, lui aveva dato la sua disponibilità ma noi abbiamo preso altre strade. Poi c'è stato l'affare sfumato di Alisson: volevamo imbastire l'operazione di concerto con Sabatini al nostro primo anno di Serie A, poi il giocatore ha preferito restare in Brasile e la Roma l'ha prelevato la stagione successiva».

C'è un buon feeling tra le dirigenze di Roma e Frosinone?
«Siamo molto vicini come proprietà e come valori dirigenziali. Personalmente con Monchi sono in ottimi rapporti, lo considero uno dei ds più importanti d'Europa e lo reputo un modello da seguire».

Al di là dei risultati sportivi,  il Frosinone da l'impressione di avere una progettualità molto solida...
«In questi 5 anni da direttore sportivo insieme al presidente Stirpe e al direttore generale Salvini abbiamo sempre avuto grande programmazione, abbiamo sempre cercato di avere un progetto. La retrocessione ha rallentato il processo ma se ci salviamo quest'anno possiamo ambire ad un futuro più roseo».

Un progetto che è passato anche dallo stadio di proprietà, che impatto ha questo sul club?
«Lo stadio è tutto per una squadra di calcio e per una società che punta tutto sulla crescita. Poi a livello ambientale è una cosa fondamentale per i tifosi. È come avere una casa da vivere tutti i giorni della settimana».

La Roma ci sta ancora lavorando...
«La Roma grazie a Baldissoni era riuscita a fare questo progetto che poi è stato bloccato per cose estranee alla società. Ho sempre detto che per la Roma costruire lo stadio di proprietà vale quanto vincere uno scudetto».

 

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