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L'ex presidente

Pallotta: "L'operazione Zaniolo merito di Baldini. Fa male non avere lo stadio"

L'imprenditore americano ha parlato della sua esperienza alla Roma: "Monchi non ascoltava nessuno. Con Totti e De Rossi abbiamo fatto ciò che pensavamo fosse giusto"

James Pallotta, di LaPresse

James Pallotta, di LaPresse

La Redazione
05 Aprile 2021 - 08:30

L'ex presidente della Roma, James Pallotta, ha rilasciato una lunga intervista al sito d'informazione sportiva americano The Athletic. Di seguito, alcune delle sue dichiarazioni.

L'incontro con la UEFA per discutere del Fair Play Finanziario.
"Il meeting fu divertente, perché un paio di persone del gruppo stavano dormendo durante la nostra presentazione. Abbiamo presentato nel modo più comprensibile possibile. Dissi che quando tutto sarebbe finito, sarei andato alla ESPN, al Wall Street Journal e a Sky a raccontare questa cosa, perché era ridicolo. Non avrei accettato queste st*****te, non aveva senso che io fossi punito per ciò che avevo ereditato".

Sull'accordo di sponsorizzazione con la Nike.
"Ci dissero che ci avrebbero trattato come il Barcellona e se sei un idiota come me ci credi, ma non fu così".

Sullo Stadio della Roma.
"Avevamo molti grandi sponsor in attesa. Coca-Cola era uno di questi. Andai ad Atlanta. Avevamo una grande formazione di sponsor che volevano essere coinvolti. Fa male non avere lo stadio. Stavamo discutendo dei diritti di denominazione per 15 o 20 milioni di euro. Ho ricevuto un centinaio di mail di persone che mi dicevano che non vedevano l'ora di vedere lo stadio costruito, che volevano sposarsi lì. Siamo arrivati al punto di ipotizzare di metterci anche una struttura per cremare, o un cimitero per le ceneri delle persone che volevano fossero sparse sul campo. Sarebbe stata la struttura più utilizzata nell'Europa del Sud. L'Olimpico non funziona per i concerti. Se vengono gli U2 o i Rolling Stones, il costo è proibitivo perché gli Stones verrebbero con cento e più camion per il loro tour e non c'è modo di posizionarli allo stadio. Resterebbero fuori e tutto andrebbe collegato. Non ha senso. Non avremmo fatto pazzie per i prezzi dei biglietti del nuovo stadio. Avremmo avuto box privati e cose del genere. Sapevamo di avere una enorme opportunità di generare ricavi e francamente sarebbero stati iniettati nella squadra".

Il ritiro di Totti.
"È stato a Roma per 30 anni. Ogni giorno si alzava e andava a Trigoria. Accettammo di onorare l'impegno della proprietà precedente con un contratto da 6 anni come dirigente. Ebbi una discussione con lui, chiedendogli cosa avrebbe voluto fare nella vita dopo il ritiro. Rispondere era difficile per la Roma e lo era per lui. Totti voleva allenare. Gli dissi che doveva capire che per allenare non solo doveva studiare, ma farlo per 80 ore a settimana e che non capivo perché volesse fare quello. E allora gli abbiamo portato insegnanti e piuttosto rapidamente decise che allenare non fosse la cosa per lui. Gli dissi che aveva un bello stile di vita e che il contratto di 6 anni da dirigente, che per molte persone era un ottimo contratto per molti soldi, lo avrebbe abituato a uno stile di vita leggermente diverso. E abbiamo parlato cercando di coinvolgerlo nel marketing e nello staff degli sponsor, in modo tale che avrebbe potuto aiutare a chiudere certi affari. Da possibile direttore sportivo aveva degli input e noi veramente volevamo che ne avesse anche di più. Lo abbiamo invitato numerose volte a Boston per le riunioni, a Nantucket, a Londra".

Sul rapporto con Monchi.
"Ci incontrammo a Londra diverse volte. Il primo incontro fu con Franco Baldini: nella sua shortlist Monchi non c'era. Mi prendo tutta la colpa di essermi fregato da solo. Under e Kolarov sono stati buoni acquisti, ma ci sono stati errori costosi. Io ero un buon commerciante perché facevo le cose con la mia testa, anche se i miei analisti dicevano qualcosa di diverso. Ho commesso alcuni errori ma l'obiettivo è fare bene più di quanto fai male. Ma dovevo fidarmi. Sono rimasto a guardare e fu un errore. Non accettava aiuti esterni, dopo un mese era chiarissimo. Sentiva di dover dimostrare di essere Monchi, che non avrebbe ascoltato nessuno o considerato i nostri dati. Niente. Zero. L'altro errore che ho fatto è che avrei dovuto realizzare che si chiama da solo Monchi, è come chiamarsi da soli Madonna. Doveva essere un allarme. Piano B? Non puoi avere un piano B se non hai un piano A. E non penso che avesse un piano A".

Sull'addio di De Rossi.
"Cosa dovevo fare? Non avevo alcun vantaggio dal veder ritirare due dei più importanti calciatori di ogni tempo. Con lui e Totti abbiamo fatto quello che pensavamo fosse giusto per la squadra".

Su Zaniolo.
"Quell'operazione è stata merito di Baldini al 100%. Franco chiamò l'Inter e disse loro che non avremmo ceduto Nainggolan se non in cambio di Zaniolo. Monchi chiese chi fosse".

Sulla poca presenza a Roma.
"Qualcuno pensa che solo perché non ero allo stadio ogni settimana o a vedere gli allenamenti tutti i giorni non stessi lavorando per la Roma. Penso che se chiedi ai dirigenti che lavoravano per me, molti desideravano che mettessi meno le mani nel lavoro della società, ma non è una cosa per me. Mi chiedevo perché dovessi andare lì e sentire questa m***a? Non è piacevole. C'è stato un periodo in cui mi sono chiesto perché lo facessi. Ora rifletto sul mio periodo nel club e interagisco con i tifosi su Twitter. Una delle mie frustrazioni è che alcune persone non realizzano quanto io abbia amato la Roma, quanto duro abbia lavorato per portarla al successo e quanto tempo abbia speso per far funzionare le cose".

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