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Roma-Atalanta: una rimonta spinta dalla Curva Sud

La curva ha cantato sempre e ha guidato lo stadio, trascinando la squadra. Esordio per le pedane dei lanciacori, che, spalle al campo, non si sono mai fermati

28 Agosto 2018 - 08:59

L'ha rimontata la Curva Sud. Forse è troppo, forse è poco. Ma il sostegno che ieri sera è stato dato alla Roma dal settore più caldo dello stadio ha davvero spinto la squadra a gettare il cuore, e la testa, oltre l'ostacolo. Testa che per una fetta troppo ampia dei novanta minuti aveva smarrito la squadra, ma non la Sud. Lei no. Un buon colpo d'occhio, al netto dell'Olimpico a cui ci siamo assuefatti – si fa per dire - nelle ultime stagioni, con tanto giallorosso a coprire i seggiolini blu dell'Olimpico. Soprattutto nella Tribuna Tevere (solitamente lascia intravedere decisamente più posti vuoti), che da Nord a Sud sembra la riva di un mare giallorosso anziché blu, quasi che andava a fondersi con i Distinti Sud. È cominciata così Roma-Atalanta, prima partita stagionale in casa della squadra giallorossa targata Di Francesco per il secondo anno consecutivo. Con l'aria da primo giorno di scuola, con una buona affluenza (41.725 spettatori totali), come previsto, vista anche l'apertura dei Distinti Nord che avviene ogni volta che viene esaurita tutta la parte Sud. Per niente turbata, o quasi, e comunque non in maniera manifesta, dalla partenza di Strootman, che ha raggiunto l'allenatore che l'aveva portato a Roma, Rudi Garcia, in quel di Marsiglia.

È cominciata con l'attesa dei sostenitori giallorossi, quella di tutti coloro che non sono andati a Torino per l'esordio della Magica, uniti a quelli che in trasferta ci vanno sempre. Un unico intento: riabbracciare dopo l'estate la propria squadra. E sostenerla. Un'estate di cambiamenti. Tanti. Nell'organico, dove ci sono dodici facce nuove da imparare ad amare, e non ci sono più tre pezzi grossi della vecchia Roma, quella che era arrivata in semifinale di Champions, per intedersi, ma che aveva deluso per buona parte del campionato, lasciando punti a destra e a manca, soprattutto a casa propria. Novità anche sugli spalti, con l'inaugurazione dei palchetti per i lanciacori, di cui si era scritto a sproposito e che invece la Curva ha adottato solo per fare semplicemente il tifo alla loro maniera. Senza costrizioni o fantomatiche liste di cori da presentare. Nessun permesso speciale per nessuno, semplicemente il biglietto serviva ai quattro lanciacori che hanno riempito le pedane della Sud, due per ciascuna. Che infatti sono saliti prima della partita per dare le spalle al campo e guidare la massa giallorossa. Liberi di tifare, insomma. Con le magliette gialle indossate da parecchi tifosi che, dai Fedayn ad altri gruppi, hanno dato il via a una protesta in riferimento ai fatti di Liverpool (sottolineati anche da qualche coro), indossando tutti una maglia gialla che recitava "Freedom".

Finita l'attesa della gente romanista, gli animi si sono iniziati a scaldare, come sempre nel pre-partita, sulle note di "Forza Roma" di Lando Fiorini. La Curva ha guidato il coro e una buona parte dello stadio gli è andata dietro. Via. "Quando l'inno s'alzerà, tutto il mondo tremerà", canta sempre la Sud dopo il fischio di inizio. Subito prima di urlare a gran voce il nome del Flaco Pastore che ha illuminato l'Olimpico dopo soli due minuti con una perla di tacco. Tutto sembrava perfetto. Dopo un quarto d'ora ha esordito in casa nella stagione 2018-2019 il nuovo coro nuovo sulle note di "It's a heartache", di Bonnie Tyler, con la Nord che ha risposto con "Voglio solo star con te". Poi il gelo. L'incubo bergamasco che riaffiorava. Ma la Sud non si è persa: impassibile ha continuato a cantare, come si fa sempre. Come fa da sempre. E a chiedere: "Roma vinci, per noi, per gli ultrà". Ancora cori, al 25' l'altro coro nuovo, quello sulle note di "Ballo, ballo" di Raffaella Carrà. Tanti, tantissimi gli applausi a un capitano vero, anche stasera: De Rossi che salva due volte nel primo tempo sui tentativi dei nerazzurri di far male e provare a vincere. Ma era nell'aria il terzo gol. Smarrimento, sì. Di tutti. Come un colpo di pugilato, la Roma e la Curva sono cadute a terra. Bisognava solo rialzarsi e ricominciare. Non prima di un'isolata contestazione (diretta a Boston, a James Pallotta), spontanea e condivisa però non di certo da tutta la curva, a pazienza persa. Ma poi recuperata. "Roma alè", è ripartita la Curva, fino ai prevedibili fischi di tutto l'impianto all'intervallo.
Il secondo tempo non è cambiata la musica: di nuovo tifo incessante della curva che ha chiamato "tutto lo stadio" a cantare "e forza Roma facci un gol" e "combattete per noi". Per spingere Florenzi e gli altri a provarci. Gol. 2-3. Ne mancava almeno uno all'appello. Almeno.
Nel susseguirsi di emozioni degli ultimi venti minuti, sempre e comunque un loop di incitamento per tutti, fino al pareggio, che è arrivato da uno dei "promossi" a leader (distratti) della serata, il greco Manolas. Si è conclusa con un misto di fischi e applausi dello stadio. 3-3, una sorta di miracolo per come si era messa, ma che è riuscito a lasciare addirittura rimpianto per le occasioni sul finale, come quella capitata sul piede vellutato di Schick. Si è conclusa con lo scambio di applausi tra squadra (arrivata fino a trequarti campo a braccia alzate) e Curva. L'hanno rimontata insieme. Questo non è troppo.

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