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Il particolare

Rui Patricio e la pazza gioia di essere romanisti

A Udine è emerso tutto il senso d’appartenenza dell’ex portiere titolare giallorosso, protagonista nell'esultanza finale

Rui Patricio esulta al gol di Cristante

Rui Patricio esulta al gol di Cristante (YouTube)

Mauro De Cesare
27 Aprile 2024 - 08:56

"Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi". Pablo Picasso. Beh, questa frase di un grandissimo artista, si potrebbe traslare per essere adattata in molte situazione quotidiane. Perfino al gioco del calcio.

Dove puoi arrivare a essere un campione, e rimanere tale anche quando smetti di correre sull’erbetta verde. Nella Roma c’è un grande campione, che continua a esserlo: Rui Pedro dos Santos Patricio, o più semplicemente Rui Patricio. Ha compiuto 36 anni, nella sua bacheca ci sono trofei di ogni tipo, dieci in totale, 108 partite con la Nazionale portoghese, 723 in squadre di club, 129 con la maglia giallorossa. Mica poca roba.

Ma gli anni passano, per tutti, ed esiste il ricambio generazionale. Così è anche per Rui. La cui fisiologica flessione spesso lo ha messo al centro di contrasti, ai quali non ha mai partecipato. Arriva il giorno che la porta della Roma comincia a essere difesa da Mile Svilar. Largo ai giovani. Il portoghese ha accettato con la serenità dei “vecchi” il suo nuovo ruolo, mai un’intervista polemica, sempre vicino a Mile, prodigo di consigli. Nell’ombra.

Tutto questo fino alla serata di Udine. E al gol di Cristante, dopo un De Rossi, neppure sorprendente, che cercava alleati da abbracciare in ogni angolo del campo, il più scatenato è stato proprio Rui Pedro dos Santos Patricio. Le motivazione per questa esultanza senza limiti potrebbe essere spiegate in mille maniere.

La prima in assoluto? Ha dimostrato di essere della Roma. Uno di noi. Meravigliato e sorpreso, quasi a non capire cosa stesse succedendo tutto intorno, e a se stesso.

«Roma è quello stato d’animo indescrivibile che si ripete ogni volta che pensi a qualcosa di bello, invincibile ed eterno» ha detto Fabrizio Carmagna. Da quando Svilar è diventato titolare, Rui è stato un po’  “relegato” nel dimenticatoio. Facile dire che una volta scesi dal clamore del palcoscenico, passi inevitabilmente dietro le quinte.

Nel caso del portiere, campione portoghese, non è così. Perché se i media sembrano averlo un po’ dimenticato, ci sono tifosi un po’ più tifosi, che guardano e scrutano, giudicano. Sì, giudicano.

Pensano alle parole che, in continuazione, De Rossi ripete al gruppo: «Siamo una Famiglia». E non dimenticano. Non dimenticano quell’inizio di secondo tempo nella finale di Conference League, quando come se avesse non due braccia e due mani, ma mille tentacoli, Rui Patricio ha mantenuto inviolata la porta della nostra Roma che correva verso il suo trionfo europeo. Indimenticabile.

Ed è inevitabile parlare di Bryan e della sua testa che sale in cielo per mettere in ginocchio l’Udinese, di De Rossi che si scusa per la sua esultanza un po’ esagerata, di tre punti fondamentali per la nostra classifica in chiave Champions. Ma provate a riguardare le immagini del dopo partita, vedrete uno di noi impazzire di gioia. Il romanista Rui Pedro dos Santos Patricio.

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