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Dirige il maestro Mourinho

José prepara la sua 100ª con la Roma Gesti, comunicazione e obiettivi dichiarati (e non) Esegesi dell’empatia tra sogno europeo e campionato

Mourinho in panchina durante Roma-Feyenoord

Mourinho in panchina durante Roma-Feyenoord (GETTY IMAGES)

23 Aprile 2023 - 10:31

Un direttore d’orchestra rapito dalla sua stessa opera. José Mourinho appariva così negli ultimi secondi di Roma-Feyenoord giovedì scorso. Ha spronato i suoi giocatori e arringato la folla, sbracciando come un nuotatore. Uno show che non è passato inosservato al cuore dei tifosi giallorossi e non solo. Che lo Special One fosse un uomo, prima che un allenatore, che si cala completamente nella realtà in cui va a lavorare è ormai letteratura. Che si alimenta di sfide e dà il meglio di sé trascinando e compattando l’ambiente in un blocco unico anche. Ma l’empatia che si è creata nella Capitale attraverso il suo lavoro è qualcosa di tradizionalmente davvero raro da queste parti. 
Un percorso che nasce e cresce grazie a una maniacale cura dei dettagli. Basta analizzare la settimana che ha portato alla rimonta sugli olandesi in Europa League. 
In campo, dove ha caricato tutti fin dal primo minuto, ha esposto il Feyenoord (già punzecchiato prima dell’andata in conferenza stampa: «A Tirana pensano ancora solo loro e la stampa») alle intemperie dell’Olimpico, ritardando all’intervallo l’ingresso in campo della sua squadra con gli avversari già schierati. Per poi metterli ancor di più in soggezione, quando a fine partita e prima dei supplementari, ha sfruttato l’inno cantato a cappella da tutto lo stadio per prolungare il discorso motivazionale ai suoi ragazzi stretti a capannello intorno a lui davanti alla panchina, per far sentire bene agli olandesi ogni singola parola di “Roma Roma”, una sorta di “Haka” dal sapore rugbystico, stile-All Blacks, applicato al calcio. Anzi, alla Roma
Ha protetto i suoi, prima, durante e dopo la vittoria: lo show è continuato davanti alle telecamere, quando ha chiesto in diretta tv di Cassano, e dietro, quando ha rimproverato Slot negli spogliatoi, chiedendo rispetto, e consigliandogli di vedere più partite della Roma e meno del Napoli e del City. Per poi togliersi un altro sassolino in sala stampa, con quel giornalista olandese, “reo” di aver discusso in conferenza stampa prima del match di Rotterdam della finale di Conference League a Tirana, regalandogli un portachiavi a forma del trofeo della Conference League.


Ora viene il difficile, o il bello. Battere il Feyenoord è costato i “sacrifici” di Smalling e Wijnaldum (da capire ancora esattamente i tempi di recupero), ma la doppia opportunità che si è creata in Europa League e in campionato con la zona Champions è ghiotta.  «Piano piano», «partita dopo partita». Mourinho non lo dice, abbassa le aspettative, ma ora, a due partite da una finale, ci crede e ha convinto anche la squadra che ha capito di poter arrivare fino in fondo alla seconda competizione europea per importanza. La dimensione europea della Roma è cresciuta. Era quello, superato qualche stop mentale di inizio stagione (leggasi Udinese-Roma), lo step successivo dopo Tirana. Le due Cremonese, macchie indelebili (ma già meno visibili) della stagione e i nervi a fior di pelle da effetto Serra sembrano essere alle spalle, consapevolezza dopo consapevolezza, oltre che per i risultati.


Mou, che ieri ha assistito vicino a Tiago Pinto alla partita praticamente decisiva per lo scudetto della Roma femminile contro la Juventus, non vuole mollare niente. Per questo per la sua centesima partita sulla panchina giallorossa di domani a Bergamo motiverà la squadra per il rush finale in Serie A, dopo le molte energie psicofisiche spese per arrivare al doppio confronto col Leverkusen e scongiurare il rischio che lì possa trattenere la testa. Squadra che mai, forse, come in questo momento è compatta intorno al suo allenatore, che ricambia, con qualche “se” e qualche “ma” tipici del pallone: «Qui sono felice, ho un ottimo rapporto con la proprietà e con il direttore (Tiago Pinto, ndr), i giocatori sono quasi come dei figli, a volte mi scontro con alcune frustrazioni e penso alle mie ambizioni, vedremo», ha detto dopo la gioia per la vittoria contro gli olandesi sul suo futuro. Che appare ancora da scrivere, nonostante un terzo anno di contratto già firmato nel 2021. C’è chi giura che abbia già dato la disdetta dell’appartamento dei Parioli di proprietà di Aquilani (e se volesse solo cambiar casa?), c’è chi invece sostiene che della Capitale si sia innamorato a tal punto da poter rivedere le sue priorità. C’è chi è pronto a scommettere che in caso di vittoria di un trofeo possa lasciare e chi invece crede che sia più “da Mourinho”, in caso di qualificazione della Roma alla prossima Champions League, accettare una nuova sfida difficile come quella di far crescere ancora la squadra giallorossa nella considerazione internazionale, tra gli Ufo della coppa con le orecchie. «Vedremo».

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