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Attacchi, non critiche

Anche chi sbaglia ha sempre diritto ad avere rispetto

Il caso Pelle emblema dell’epoca. Il web diventa strumento di offesa ai nostri

Lorenzo Pellegrini durante Feyenoord-Roma

Lorenzo Pellegrini durante Feyenoord-Roma (GETTY IMAGES)

Mauro De Cesare
15 Aprile 2023 - 12:21

"I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli". Roberto Baggio, non uno qualsiasi, 30 anni fa ci ha regalato questa perla di saggezza. Già, Lorenzo Pellegrini ha sbagliato. Sì, condizionando la partita della Roma contro il Feyenoord. Ma del rigore sarebbe banale parlare troppo a lungo. Abbiamo visto. C’è chi ha sofferto, chi ha perfino gioito: e parlo di romanisti. Forse di romanisti falsi come una “moneta antica”. Perla di saggezza di Garbatella e Tormarancia. Che hanno cominciato a crocefiggerlo un attimo dopo che la palla colpisse il palo. O perfino prima che lui poggiasse la palla sul dischetto.

No, un Capitano della Roma, certo non Ago, Totti o De Rossi, non potrà mai essere offeso, calunniato. Perché la critica, la libertà di critica, è un qualcosa di diverso da tutto quello che da sempre, non solo ieri sera, Lollo ha dovuto ascoltare nei suoi confronti.
Perché un giocatore che indossa quella maglia, la nostra maglia, ha diritto al rispetto. E il discorso va spostato sul mutevole mondo del tifo (o simpatia), non solo della Roma. Troppo spesso della squadra giallorossa, purtroppo. Quei trentamila che nel secolo scorso, nello scorso millennio erano allo stadio Olimpico, erano diversi. Lo posso dire perché ne ho fatto parte.

Dopo una sconfitta amara o una beffa, si tornava a casa in silenzio. Silenzio. Non si cenava. Non si parlava con moglie e figli. La notte non si dormiva. Forse era sbagliato, ma era la reazione di un innamorato ferito. E serviva qualche giorno per mettere l’ennesimo dolore nel dimenticatoio. Ma, giustamente, il progresso (o regresso?) della tecnologie, della possibilità di comunicare attraverso i social, ha aperto una nuova dimensione. Meravigliosa per la sua immediatezza, orribile per chi ne fa uso nei modi sbagliati.

Perché le offese attraverso il web, il pc sistemato, piazzato accanto al televisore, è uno strumento tentatore. Per molti, non per tutti, fortunatamente. Le offese da tastiera cominciano un’ora prima della partita, alla comunicazione della formazione che scenderà in campo.
Si potrebbe dire: non ti curar di loro, ma guarda e passa. Se non fosse che i social sono in tutte le case. E il passaparola (meglio offesa) mediatico, piomba tra i tifosi da divano. E fa proseliti. Certo, viviamo una realtà fatta di difficoltà, di umiliazioni addirittura. Ma non trovo assolutamente gradevole il post, come minimo offensivo, nei confronti di un giocatore che indossi la maglia della Roma. Il calcio come valvola di sfogo è una minaccia. Preoccupante.

Quella tastiera è una spada di Damocle sul capo di chiunque scenda in campo. Anzi, anche di chi, magari, resta in panchina. E loro, i nostri eroi, dicono di  non ascoltare le chiacchiere che arrivano da fuori il campo. Non è vero. Chi va in campo porta con sé il peso dell’opinione pubblica: vuole combattere, vincere, non gioca per perdere. E piange, come Paulo Dybala a Rotterdam, se un infortunio lo rimette seduto in panchina.
Ai nostri figli di Roma, capitani e bandiere posso solo ribadire: non ti curar di loro, ma guarda e passa. E oggi più che mai dedicare un anacronistico: "La Roma non si discute, si ama".

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