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La partita

Roma-Genoa: Dybala ci porta ai quarti di finale

Bisogna aspettare l’ingresso nel secondo tempo dell’attaccante argentino per qualificarsi al turno successivo di Coppa Italia. Incrocio dei pali colpito da Pellegrini

Paulo Dybala

Paulo Dybala (GETTY IMAGES)

13 Gennaio 2023 - 07:00

Si è preso tutto Dybala, prima il premio per il mondiale vinto grazie anche al suo rigore in finale, poi il premio di migliore in campo di serata e match-winner di una sfida equilibrata, poi rotta da un gol d’autore dell’argentino (ma ne fa mai di brutti?) a evitare guai peggiori in una serata fredda che rischiava pure di arrivare ai supplementari e magari ai rigori. E invece proprio il guizzo risolutorio del suo miglior giocatore ha consentito alla Roma di conquistare la qualificazione ai quarti di Coppa Italia, in programma ad inizio febbraio contro la vincente tra Napoli e Cremonese, in una parte di tabellone che ha perso l’insidia del Milan nella possibile semifinale e dunque stende tappeti rossi a chi andrà avanti.

Ha vinto alla fine la squadra migliore, anche se non si era vista alcuna differenza di categoria nel primo tempo giocato dalle due squadre. Un po’ a sorpresa Gilardino (alla quinta uscita con il suo Genoa dopo i disastri di Blessin, tre vittorie e un pareggio nelle precedenti esibizioni) aveva ripudiato il 433 a vantaggio di uno schieramento con tre difensori centrali (Bani, Vogliacco e Dragusin), due esterni altissimi (la vecchia conoscenza Sabelli a destra, ma lui come vice Celik proprio no?, e Czyborra), tre centrocampisti a determinare la superiorità numerica del centrocampo genoano (con Badelj in cabina di regia), Coda riferimento più alto e Yalcin a girargli intorno. Schieramento senza sorprese invece per Mourinho con Kumbulla al posto di Smalling nello schieramento difensivo, Zalewski ed El Shaarawy sulle fasce, Bove e Matic nel mezzo e Pellegrini alle spalle di Zaniolo e Abraham, sempre nella versione a marce ridotte. 

La partita era cominciata con un clamoroso mancato intervento del signor Feliciani su un fallo davvero evidente subito da Zaniolo, tirato giù a due mani sulle due spalle nell’impunità garantita dall’arbitro: non è parso un bel segnale. Sembrava faticare la Roma a recuperare palla nelle pressioni alte che ultimamente sta sperimentando, con Gilardino che aveva studiato bene la rotazione dei centrocampisti per garantire la superiorità numerica nelle uscite con uno dei centrali, Bani, pronto ad alzarsi come un terzino destro sulla fascia tanto da sospingere Sabelli sulla linea degli attaccanti, probabilmente per mettere in difficoltà El Shaarawy. Nel corso dei primi 45 minuti la Roma ha ottenuto nove calci d’angolo per via delle conclusioni quasi sempre rimpallate nella grande densità dei difendenti genoani dietro la linea della palla, senza però mai trovare il varco giusto.

Solo Kumbulla ne ha avuta una sulla testa ma la sua deviazione senza troppe pressioni avversarie è finita alta. Due le occasioni per la Roma: un servizio rapido di Pellegrini per Abraham su palla riconquistata di testa da Matic, con tiro dell’inglese in diagonale deviato in corner da Martinez, e un clamoroso incrocio dei pali colto da capitan Pellegrini su scarico di Matic da destra, con un piattone ben calibrato che aveva messo fuori causa il portiere genoano. Sulla ripartenza è stato il Genoa a costruire l’unica azione pericolosa del suo primo tempo con una percussione di Badelj alzata a destra ancora su Sabelli, sul cui servizio perfetto in orizzontale Yalcin ha tirato decisamente male. Dopo un cartellino giallo rimediato da Bove per aver interrotto una transizione avversaria, c’è stato il tempo per l’ultima occasione su calcio d’angolo (saranno 16 alla fine), con deviazione di Kumbulla sul primo palo ad aprire la porta per Abraham, arrivato purtroppo all’appuntamento sul secondo palo con mezzo secondo di ritardo. È parso logico allora ai 60.334 spettatori un po’ infreddoliti (record storico per un ottavo di Coppa Italia) aspettarsi qualcosa di diverso da Mourinho, rientrato in campo dopo un’assenza di due mesi, per via del mondiale e della doppia squalifica che ne ha ritardato il ritorno sul terreno di gioco.

E luce fu: è bastato mettere Dybala in campo (al posto di un indolenzito Pellegrini) per dare nuovi, anzi, inediti impulsi alla squadra giallorossa. Paulino ci ha messo venti minuti scarsi per rompere l’equilibrio, ma già appena entrato ha cambiato l’inerzia della gara. Al 7’ ha preso la mira sfiorando il vantaggio in un’azione piuttosto simile a quella che al 19’ regalerà la qualificazione alla Roma, con le finte di tiro a fiaccare l’avversario e la successiva conclusione verso la porta: appena fuori nel primo caso, forte nello specchio nel secondo, con la vana opposizione di Martinez. Prima del gol avevano provato a mettersi in mostra anche Bove e Kumbulla, mentre a Zaniolo è riuscito solo con le proteste nei confronti dell’arbitro, probabilmente prevenuto nei suoi  confronti: inevitabile il giallo al 12’.

E dopo un pericolo corso per l’unica leggerezza commessa da Dybala al 13’, con El Shaarawy pronto a ripiegare in difesa su Coda, gli allenatori hanno dato fondo ai cambi: Cristante e Spinazzola per Bove ed El Shaarawy per Mou, Criscito, Frendrup e l’acclamatissimo Strootman per Czyborra, Sturaro e Badelj. Cambi ruolo su ruolo che però qualche confusione devono averla generata, visto che, neanche trenta secondi dopo, Dybala è entrato come nel burro all’interno della difesa e per Martinez non c’è stato scampo. Le altre sostituzioni non hanno cambiato a quel punto il destino di una partita ormai indirizzata: ha sperato vanamente nel debutto Solbakken, sono entrati invece prima Celik, a dare maggior sostanza all’interpretazione esterna di Zalewski, e poi addirittura Tahirovic al posto di Zaniolo a riportare la parità numerica a centrocampo, con Dybala alzato dalle parti di Abraham e la cerniera serba a formarsi in mezzo al prato, con Cristante a vigilare sulle palle alte. Il Genoa ha chiuso la sfida con un orgoglioso, ma sterile possesso palla. Ai quarti andiamo noi, con un Mourinho particolarmente sibillino a fine partita.

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