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Trionfo Albiceleste: per Dybala ora l'Argentina è un cerchio chiuso

È l’apoteosi di Messi, tra uomo e mito. Paulo: goditela ma poi tingiti di giallorosso da campione del mondo e fai sognare anche noi Romanisti

Tifosi argentini a Buenos Aires

Tifosi argentini a Buenos Aires (GETTY IMAGES)

Da Buenos Aires, Tommaso Tummarello
20 Dicembre 2022 - 12:10

«Que la gente confíe» diceva Messi subito dopo la sconfitta all’esordio contro l’Arabia Saudita e ancora una volta aveva ragione. L’Argentina trionfa ed è campione del mondo a Lusail in una finale esaltante quanto imprevedibile. In un calcio che si trasforma lentamente in un annoverarsi di contratti ultramilionari questa nazionale argentina e il suo simbolo eterno trasmettono fiducia. Hanno dimostrato che vince ancora la compattezza del gruppo e non il solista. Che rincorrere per una nazione non spezza il fiato e che un uomo e calciatore non riuscirà mai a festeggiare un successo senza condividerlo con la sua famiglia. È un paese intero che merita dopo trentasei anni di tornare a colorare le strade. Un paese che ci ha sempre creduto oltre ogni filtro o scaramanzia. Nel mio immaginario il 18 dicembre del 2022 è la chiusura di un ampio cerchio. Si chiude il mondiale di Martinez, “El Dibu” dibuja (disegna) una delle sue scenografiche parate al minuto 123 evitando un drammatico finale degno delle migliori pellicole di Kubrick.  Si chiude quello del “fideo” (spaghetto) Di Maria, decisivo e commosso dall’entusiasmo dei suoi. Si chiude quello di una generazione di padri che prima di noi hanno osservato i Messi e i Ronaldo condividere il palcoscenico dall’esordio fino a quello che probabilmente è stato il loro ultimo ballo come scrisse Phil Jackson prima dell’ultima cavalcata dei Bulls nella NBA. Quella generazione di papà che osservando oggi automi agonisticamente ultra-dotati domanda: «Ma questo da dove l’hanno preso, non lo potevamo comprare noi?». (No pa’ Haaland costava troppo).

Si chiude l’avventura qatariota di Scaloni che per un caso minimamente fortuito fa di nome Lionel. Culmina l’avventura di Paulo Dybala che ci concede un sospiro di sollievo insaccando un rigore decisivo. Goditela Paulo ma poi tingiti di giallorosso da campione del mondo e fai sognare anche noi Romanisti. Si conclude la mia esperienza a Buenos Aires arricchita di una giornata memorabile che per uno scherzo del destino ero vicino a perdere avendo organizzato antecedentemente un viaggio in Bolivia proprio in mezzo a questi giorni di trepidante attesa e di finale. Prontamente annullato. Svanisce il sogno di eguagliare Pelè al giovane Mbappé, predatore solingo che a stento trascina un gruppo senza alchimia di cui quasi non vuole aver bisogno. Infine si chiude il cerchio di un grande dello sport. Messi ha stravolto le leggi anagrafiche, un uomo capace di trasmigrare il suo spirito in un corpo più giovane. 

Mi permetto di usare una frase di Siniša Mihajlović dolorosamente scomparso in questi giorni: «Tutto parte dalla testa. Nel calcio come nella vita». Come Siniša immaginava le sue punizioni ecco Lionel pianificava i suoi allunghi, analizzava il fallimento e adesso corona il sogno vincendo con il suo popolo. Quello stesso sogno fugace e irrealizzato per Cristiano Ronaldo che potrà forse solamente imputarsi una incolmabile distanza tra la sua immensa dedizione e lo spirito di un collettivo. Grazie Argentina e gracias Selecciòn, da Buenos Aires un affascinante lieto fine.

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