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Tatticamente

L'analisi di Verona-Roma: pro o contro Mou, tutto in una gara

Due fazioni contrapposte: "La squadra gioca male". "Ma vince sempre". Forse la cosa migliore è capire i fondamenti della strategia del tecnico

José Mourinho

José Mourinho (MANCINI)

02 Novembre 2022 - 11:19

Per quanto possa dispiacerci l’eventuale accusa di cerchiobottismo (dal dizionario: “atteggiamento di chi non prende una posizione netta, barcamenandosi tra due contendenti o tra due comportamenti antitetici”) non possiamo fare a meno di notare come a Verona il comportamento della Roma abbia soddisfatto le ragioni dei due partiti che si dividono sul giudizio su Mourinho e, contemporaneamente, ne abbia distrutto i principi stessi fondativi. In questo senso la gara del Bentegodi è stata paradigmatica: da una parte è assolutamente vero che la Roma non abbia brillato per lo sviluppo delle sue giocate e che, in parità numerica, era stato il Verona, anzi, a dimostrare uno spirito più aggressivo e una maggiore coesione tattica all’interno della gara, e se ha vinto è solo perché l’avversario è rimasto in dieci. Ma è altrettanto vero che la Roma anche in 11 contro 11 aveva costruito le migliori occasioni per andare in vantaggio (clamorosa quella mancata da Abraham) e poi è sicuramente un merito che dopo l’espulsione del difensore polacco Dawidowicz non ci sia stata più partita, perché il gioco si è trasferito tutto nella metà campo dei padroni di casa per la propulsione dei romanisti e comunque nella ripresa la Roma ha gestito il pallone per il 76% del tempo, in totale tirando 14 volte in porta, segnando tre reti e esplodendo tutto il proprio potenziale offensivo. 

Le ragioni contrapposte

Chi ha ragione, dunque, nella noiosa contrapposizione tra fazioni? Quella che sostiene che la Roma non abbia un gioco o quella che dice che la Roma in realtà sia una squadra iperoffensiva, come dimostrano i fatti che costruisce tanto e vince spesso? Conosciamo gli argomenti di sostegno per entrambe le tesi. Uno è che i risultati parlano per Mou per il momento e dunque la discussione sul grado di valutazione estetica del suo gioco rischia di rimanere fine a se stessa, relegata nel campo di quella soggettività nella quale spesso prevale il punto di vista preconcetto. L’altro è che bastano squadre aggressive che pressano alto come il Verona dei primi 30 minuti di gioco per vedere la Roma annaspare, priva di una propria strategia tattica e tecnica che le consenta di uscire ad esempio con giocate dal basso figlie di esercitazioni specifiche che forse, così si dice, a Trigoria vengono un po’ trascurate. A Verona è apparso chiaro pure come nello sviluppo della rifinitura ci si affidi un po’ troppo alle singole iniziative, come lo spunto di Zaniolo che ha mandato Karsdorp e quindi Abraham solo davanti al portiere, il doppio dribbling di Matic che ha consentito a Volpato di realizzare il goal del 2-1, la pressione solitaria di Camara che ha approfittato di un’incertezza di Tameze per pareggiare la partita quando pareva trascorso ormai il tempo che separava dall’intervallo. Come spesso accade, però, nella contrapposizione tra i due schieramenti si dimenticano spesso le circostanze attenuanti: e dunque, sì, la Roma non sempre è brillantissima, ma è una squadra costruita soprattutto su una coppia di giocatori fortemente voluti dall’allenatore e di cui la squadra si è giovata assai parzialmente: Wijnaldum e Dybala. E poi sì, tira tanto in porta, ma se segna meno di quel che dovrebbe è per questioni di mira (l’errore imperdonabile di Abraham), ma forse anche perché molto spesso le tante conclusioni non sono frutto di manovre elaborate che portano a una finalizzazione pulita, ma figlie di un tambureggiamento nevrile che deriva più dagli stati emozionali dei giocatori all’interno delle partite che dall’applicazione dei sistemi di gioco studiati a tavolino. 

Meglio seguire l’idea di Mou

Ecco perché in tutto questo riteniamo che l’atteggiamento migliore di un osservatore di cose romaniste non sia quello di schierarsi in una delle due fazioni contrapposte, ma comprendere meglio l’idea alla base dei principi seguiti dall’allenatore: le caratteristiche tecniche dei giocatori (per esempio dei difensori per la fase della prima costruzione il gioco, o dei centrocampisti, di stile ed esperienza ma di scarso dinamismo) non consentono di elaborare strategie tattiche particolarmente sofisticate, ma portano a considerare più conveniente la cura di altre qualità, tipo la compattezza in fase di non possesso e la copertura degli spazi con un blocco più basso, affidando consapevolmente all’estro delle singole giocate la qualità del proprio gioco. Attraverso questi concetti lo scorso anno Mourinho ha riportato a Roma un trofeo europeo dopo sessant’anni e quest’anno sta raggiungendo, almeno in questa prima fase della stagione, gli obiettivi che si erano prefissati ad agosto: lo stazionamento nei primi quattro posti della classifica, a dispetto di una concorrenza sicuramente molto qualificata, e l’ottenimento del passaggio del turno dopo la fase a gironi dell’Europa League. Il traguardo è vicinissimo, con il Ludogorets e la Lazio si attendono i timbri per il passaporto che ci porterà ad oltrepassare il confine del 2022. Mou insomma ha qualcosa in più dei classici “minestrari”, come si intendono comunemente quei tecnici che pensano solo ad imbrigliare gli avversari e a colpirli appena scoprono i punti deboli. Lo special one spinge al massimo il suo potenziale offensivo quando ne ravvisa la necessità (ad inizio partita o per recuperare un risultato), ma non disdegna a volte di difendere basso o rallentare i ritmi se non vede necessità di tenerli alti. Il tutto condito da una disponibilità dei suoi giocatori che raramente si è vista negli anni in cui la squadra giocava anche “meglio”. 

Tra Ludogorets e Lazio

Bisognerà vedere, però, come adesso la Roma arriverà a queste due partite vista la stanchezza accumulata negli ultimi impegni. Giovedì non ci sono dubbi: l’obiettivo sono i tre punti e l’Olimpico sarà indubbiamente un fattore. La Roma giocherà all’attacco sin dal primo minuto per intimidire subito gli avversari e semmai gestire nella ripresa l’eventuale vantaggio. Con la Lazio invece Mou sa bene che l’importante sarà non perdere e siamo sicuri che il piano strategico della gara ne terrà conto. Oltretutto la squadra di Sarri ama gestire il pallone e attaccare con tanti uomini e in caso rischia anche di scoprirsi, come ha fatto con la Salernitana per recuperare il vantaggio. Sarà una partita da giocare a scacchi, in cui giocherà un ruolo anche la stanchezza dei pedoni, attesi tutti all’intermezzo europeo. Si vedrà.

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