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l'intervista

Giuseppe Maggio: «Ovunque io sia, quando vedo la Roma mi sento a casa»

L'attore classe '92: «Viaggio tanto, ma non mi perdo mai una partita. In famiglia siamo romanisti da generazioni. Zaniolo il mio preferito, Abraham un fenomeno»

A sinistra, Giuseppe Maggio in uno scatto di Sara Sabatino; a destra una foto della Sud postata su Instagram dall'attore

A sinistra, Giuseppe Maggio in uno scatto di Sara Sabatino; a destra una foto della Sud postata su Instagram dall'attore

Matteo Di Mango
12 Ottobre 2021 - 10:16

Giuseppe Maggio è uno dei protagonisti di Baby, la serie tv prodotta da Netflix che ha spopolato in Italia e in tutto il mondo, tanto da essere vista in oltre 190 paesi. Nato nel dicembre del '92 a Roma, ha esordito al cinema nel 2009 come protagonista di Amore 14 di Federico Moccia e, dopo aver partecipato a numerosi film e show televisivi (lo ricordiamo, per esempio, anche nelle serie "Fratelli detective", "Provaci ancora Prof 5" e "Solo per amore") ha raggiunto il culmine del suo successo proprio con la serie uscita dal 2018 al 2020, in cui interpreta l'oscuro personaggio di Claudio Fiorenzi detto "Fiore". Il 29enne, tra studio, televisione e cinema, non ha mai nascosto né dimenticato la sua passione per il calcio e per la Roma. L'attore si è raccontato con noi, ripercorrendo il suo legame con la squadra giallorossa: da come nell'anno del terzo Scudetto aveva solo nove anni ma giura di averne piena memoria, passando alle notti allo stadio Olimpico per le emozioni di Champions League fino alla Roma di oggi guidata da Josè Mourinho e tanti talenti da far crescere per puntare in alto. Come accade per ogni romanista, il suo rapporto con questa fede è unico, fatto di riti e scaramanzie da rispettare rigidamente con la famiglia, tanti ricordi di serate bellissime e da un amore viscerale per i colori giallorossi, anche quando è all'estero.

Come nasce questo amore per la recitazione? È qualcosa di innato o è stato sviluppato più tardi?
«Non sono uno di quelli che già da piccolo voleva fare l'attore. Avevo tutt'altra visione, giocavo a pallone. Una volta nel liceo dove studiavo, al Mamiani, è passata un'agenzia di casting che cercava personaggi per un film e mi sono proposto. Un po' per gioco, per curiosità, solo per provare. Però sorprendentemente mi hanno preso e da lì ho cominciato a pensare di poter fare l'attore. All'inizio ovviamente non capivo nulla: non avevo studiato recitazione, non conoscevo il mondo dello spettacolo. Ho avuto molte difficoltà, ma è un mondo e un lavoro che mi ha subito rapito. Ci è voluto del tempo per raggiungere un livello sufficiente, ma ho iniziato subito a studiare perché credo sia importante riuscire continuamente a migliorarsi, devi adeguarti e adeguare anche il modo di recitare per rappresentare un mondo che cambia continuamente e poterlo cogliere al meglio in tutte le sue sfumature».

La passione per la Roma e per il calcio, invece, quando è nata?
«La passione per il calcio, e di conseguenza per la Roma, c'è fin da quando sono piccolo. Me la porto dietro da quando sono nato, ereditata da mio padre, che a sua volta l'ha appresa dal suo. Romanisti da sempre, di generazione in generazione. Sono andato per la prima volta allo stadio da giovanissimo. Mi ricordo perfettamente ogni momento dell'anno dello scudetto, le scaramanzie legate ad ogni singola partita. Quando c'è da vedere la Roma, in casa mia la vediamo sempre in tre: io, mio papà ed un suo caro amico, che porta sempre il gelato. Lo deve prendere sempre nello stesso posto, con gli stessi gusti. Lo fa da quando abbiamo vinto un derby ed è rimasta come tradizione. Mio padre, invece, durante ogni gara importante, a fine primo tempo si accende un sigaro. Lo fa sempre, è il suo rito. Anche questo ovviamente è iniziato dopo una vittoria significativa ed è diventato una routine che non deve essere cambiata per nessun motivo».

Tra i tuoi impegni, riesci a trovare il tempo per la Roma?
«Sì, ovviamente. La Roma è una passione che puoi coltivare sempre. Ho studiato recitazione all'estero e quando c'era l'occasione di vedere i giallorossi per me era sempre un'opportunità per sentirsi a casa. Anche se sei a Londra, Parigi o Los Angeles per me quando vedi la Roma giocare è come essere sempre nella Capitale nel vero senso della parola».

Quindi la Roma per te è sempre stata una priorità?
«Assolutamente sì. Per esempio mi è capitato tantissime volte di discutere con la mia fidanzata perché davo più importanza ai giallorossi (ride ndr.)».

A quale partita sei più legato?
«Ero allo stadio quando Totti ha fatto il gesto del quattro a Tudor contro la Juventus (4-0 dei giallorossi all'Olimpico l'8 febbraio del 2004 ndr.), stessa partita in cui Cassano dopo aver segnato ha rotto la bandierina con un calcio. È stata una serata indimenticaile. Anche gli anni in cui i giallorossi erano regolarmete in Champions League sono stati belli. In quelle notti sono andato allo stadio diverse volte con papà. È stato bellissimo perché inelle competizioni europee c'è un'atmosfera diversa che si sente sugli spalti e sicuramente anche in campo».

Qual è il tuo giocatore preferito?
«Da piccolo andavo pazzo per Montella. Mi piaceva troppo. Per il resto la scelta sarebbe fin troppo facile, Totti e De Rossi hanno rappresentato Roma ed il romanismo. Probabilmente dire uno di loro due sarebbe scontato, quindi dico l'aeroplanino e aggiungo Gabriel Omar Batistuta. Nel corso degli anni un altro che mi ha fatto divertire è Osvaldo, che però secondo me ha sprecato il suo talento. Mi ricordo il suo gol in rovesciata contro il Lecce, poi annullato, pazzesco. Mi hanno entusiasmato in tanti, anche Lamela, per dire. Se tutti quei giocatori presi da Sabatini giocassero insieme, oggi potremmo combattere per la Champions League».

Ora chi è il tuo preferito?
«Per come la vedo io abbiamo in rosa i due giovani calciatori più talentosi del calcio italiano, Pellegrini e Zaniolo. Un altro che penso sia davvero forte è Tammy Abraham. Questi tre mi piacciono davvero tanto. Se devo sceglierne uno, preferisco il talento col numero ventidue. Vedendolo dal vivo, ti trasmette qualcosa in più quando ha la palla. È un genio ribelle, uno che secondo me davvero può diventare un fuoriclasse».

La Roma con Mourinho può fare il salto di qualità?
«Per me lo può fare assolutamente, però serve pazienza. Comunque, già quest'anno si vedono dei cambiamenti enormi, a livello di qualità di giocatori e a livello di chimica di squadra. C'è una voglia, un attaccamento diverso. Vogliono lottare fino alla fine. Mourinho protegge i calciatori, soprattutto quelli che hanno bisogno di tempo per crescere. I calciatori giovani possono rappresentare il futuro, penspo che potremmo toglierci grandi soddisfazioni se gli concediamo il tempo necessario. A me la Roma di quest'anno piace molto perché ha personalità. A volte può capitare che non esprima un gioco scintillante, ma ha voglia, ha il carattere che ci vuole per vincere. Conta solo questo».

Che progetti hai in mente per il futuro?
«Ho recitato in due film, uno tra marzo e maggio ed un altro tra giugno e agosto, in entrambi sono il protagonista. Si intitolano "Quattro metà" e "La mia ombra è tua". Usciranno il prossimo anno, siamo in attesa di sapere e poter rivelare le date ufficiali. Poi già la prossima settimana inizierò le riprese di un altro progetto».

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