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Il lutto

Ciao Alessandra, nata ultrà

Dagli spalti al giornalismo, una vita nel segno della Roma

Alessandra Bianchi

Alessandra Bianchi (Il Romanista)

Mauro De Cesare
16 Novembre 2023 - 15:57

Ore 11, puntuale il mio arrivo in redazione, con Alessandro Vocalelli. Le prime telefonate dalle redazioni esterne per sapere le notizie del giorno e partecipare alla riunione del mattino. Uno, due, tre squilli. Al quarto sapevo già come rispondere: «Dimmi Ale…». «Andiamo a pranzo alla Famiglia, dai smetti di stare lì dietro quella scrivania. Io verso l’una sono lì». E anche questa volta un pranzo scroccato. Ma saranno centinaia in più di 20 anni trascorsi insieme tra Curva Sud, coreografie e il suo amore per il giornalismo. Scrivere. Della Roma. Ma quei pranzi erano anche il momento più bello per sentire i suoi racconti, respirare i suoi entusiasmi, la sua storia cominciata nel cuore della sede della Roma al Circo Massimo. E Dino Viola che le voleva bene come a una figlia.

Nata Romanista, non avrebbe potuto essere diversamente. E, a braccetto con la sua presenza in società, il suo immancabile pomeriggio al Centro Coordinamento Roma Club, in viale Ostiense. Prima dei pranzi quotidiani, ero io a cercarla, ci eravamo conosciuti al Circo Massimo. «Ale, che ne dici se passo qualche minuto? Prendiamo un caffè». In questi casi era sua la risposta in fotocopia: «Non venire qui per chiedermi cosa farà il Commando in Curva. Sanno dove lavori. Se esce qualcosa…». Ma una dritta per poter fare un titolo me la dava sempre. Ma quel palazzo di vetro, dove centinaia o migliaia di giovani sognavano di poter entrare, era anche il suo obiettivo. Vivendo in un ambiente dove tutti ci conosciamo, trova lo spunto vincente. Scrive una lettera a Italo Cucci, il direttore del Corriere dello Sport Stadio. Uno (o una) su mille ce la fa. Cucci la convoca al giornale. La incrocio un pomeriggio a via dei Mille, dove è la sede. «Ale?...». «Zitto, vado a parlare al direttore». Conquistato dalla passione che si legge nei suoi occhi, Cucci decide di farne una collaboratrice. Rubrica sui tifosi. Ma lei è umile e ambiziosa allo stesso tempo. Scrive una pagina meravigliosa. Il titolo? «Nata Ultrà». I suoi racconti, la difesa degli striscioni in trasferta. Tutti in jeans e giubbotto. Lei tacchi a spillo e minigonna. Ma non è l’abito che fa il monaco. 

Grinta sui gradoni delle curve, ancora di più in redazione. Corriere dello Sport, redazione maschile e anche maschilista. Poche donne, ma con grinta da vendere. E Alessandra, una volta “conquistato” il giornale, mi ha sempre raccontato il suo grande amore per la Francia. Almeno due volte l’anno va a Parigi. A Natale non può mancare sulla Avenue de Champs-Elysées. Quei giorni, come una bambina, aspettava quel dono che si faceva. Tra le luci di una città, per Alessandra, incantata. Dopo una delle sue “fughe” mi invita al caffè. «Mauro ho deciso. Me ne vado in Francia!». Barcollo: «Ma che dici, sei stata assunta da pochissimo, sei una professionista e molli tutto così?». Inutili parole. Chiede un colloquio in azienda per dimettersi e avere la liquidazione. Soldi. Ma non per lei. Per la casa a Ostia dove aveva vissuto con i genitori in affitto. Prima della Francia, loro, la loro serenità. E in Francia è diventata una “star”: prima donna in assoluto che sa, parla e scrive di calcio. Equipe e tanta radio e tivvù. Quattro anni fa è tornata in Italia. Dove Alessandra ha lasciato il frutto della sua bravura e lavoro, per donarlo ai genitori.

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