ASCOLTA LA RADIO RADIO  
Dentro Mou: 2ª parte

Mourinho come non lo avete mai visto: così José motiva i giocatori

All or Nothing su Prime: «Il calcio ha senso solo se vinci, voglio trasferire subito questa mentalità ai calciatori. Anche un raccattapalle può essere d'aiuto. Io lo ero...»

, di LaPresse

, di LaPresse

03 Giugno 2021 - 11:07

Nella seconda parte della rilettura (QUI la prima parte, uscita il 28 maggio) di All or Nothing, la serie di Amazon Prime Video dedicata al Tottenham della prima stagione di Mourinho, abbiamo posto l'attenzione soprattutto al rapporto del tecnico portoghese con i giocatori e di come immaginiamo che possa approcciarsi a quelli della Roma.

Come conquista i giocatori

Dopo aver visto come ha conquistato Harry Kane («dobbiamo costruire il tuo status di giocatore universalmente apprezzato. Io penso di essere il genere di allenatore che può aiutarti in questo senso. La mia è già una dimensione universale»), ora tocca a Dier, il gigantesco difensore con un passato allo Sporting Lisbona: «Da piccolo - racconta Dier - tifavo Manchester e Mourinho mi ha fatto piangere quando l'ha battuto con il Porto. Ora giocare per lui per me è un onore». La voce narrante racconta che Dier nello Sporting Lisbona giocava a centrocampo. E ora è un eccellente difensore: «So che Mourinho crede molto in me, vuole cercare di aiutarmi». Nel film si vede il loro colloquio. José lo ha chiamato nel suo ufficio per capire come mai non fosse considerato tra i titolari con Mauricio Pochettino: «Eric, dimmelo onestamente: che cosa è successo con Mauricio? Per me è meglio sentire la tua opinione piuttosto che cercare di capirlo da solo». Dier risponde in portoghese: «È sempre complicato rientrare dopo gli infortuni. Il mister ti chiede di fare un recupero lungo, è così per tutti dice. Io sono andato a parlargli, gli ho detto "Mister, se non faccio parte dei tuoi piani è meglio che vada da un'altra parte"». Mourinho interviene: «Penso che tu possa essere triste perché il tuo allenatore se n'è andato, è normale. Ma credo che per te possa essere un bene. Sai che mi piaci, mi raccomando».«Ok Boss».

Vincere fa la storia

Quando a Mourinho chiedono un giudizio sulla finale della Champions dell'anno precedente, col Tottenham sconfitto dal Liverpool, lui risponde che «è stato un risultato pazzesco. Ma andare in finale non fa la storia, vincere fa la storia». Il dubbio che ha sollevato Di Canio per la prospettiva Roma sfiorava qualche opinionista anche al Tottenham. Più di qualcuno si è chiesto se Mourinho avesse ancora l'energia adatta. Lo hanno chiesto a lui stesso: «Io voglio vincere le partite, voglio giocare bene, voglio dei giocatori e dei tifosi felici. Questa è la cosa più importante per me e continua ad esserlo. Sin da piccolo giocando in due contro due con gli amici in strada davanti a casa non giocavamo per divertimento, ma per vincere contro gli amici. Il calcio per me è cercare di vincere». E qui si innesta il discorso di Mourinho rivolto alla squadra, subito prima la partita di Champions con l'Olympiakos: «Non serve che vi dica quanto sia importante questa partita, credo che lo sappiate: se vinciamo ci qualifichiamo e dobbiamo farcela per questo motivo. Ma non solo. A prescindere: dobbiamo vincere, dobbiamo giocare bene, dobbiamo migliorare, dobbiamo continuare a crescere per costruire uno slancio positivo che ci accompagni in Champions League. Ma soprattutto in Premier League». Poi si rivolge ad Aurier: «Serge, tu sarai uno dei marcatori, ma io ho paura di te perché sei capace di fare un fallo da rigore per il Var. Io ti dico già che mi fai paura». Se deve affrontare un problema, lo Special One lo affronta a modo suo. Diretto.

Sono tutti nel cerchio adesso, Kane parla e carica il gruppo. Mourinho esce dallo spogliatoio si fa il segno della croce e bacia il rosario che porta in tasca. In partita l'Olympiakos va subito in vantaggio, poi raddoppia. Dopo appena 29 minuti Mou ordina un cambio, richiama in panchina l'insufficiente Dier e fa entrare Christian Eriksen. Quando gli passa davanti, Mou prende Dier a sé e lo bacia. Il commentatore della tv afferma solenne: «Solo la partita dirà se questa è una mossa geniale o se si rivelerà sbagliata». Si va negli spogliatoi sotto di un gol, 1-2. José tranquillizza gli animi più caldi: «Prima di tutto: calma. Abbiamo fatto molti errori. C'è stato troppo nervosismo, troppe distrazioni. Troppo panico. Su angolo, panico .Ogni palla dentro l'area, panico. È impossibile giocare male come nel primo tempo, è impossibile. Quindi tranquilli. Ve lo avevo detto prima della partita: qualunque cosa accada in partita non deve condizionarvi, ma invece è successo. Non era colpa di Eric, ma anche di Winks, di Dele e di tutti gli altri. Ok, ora proviamo a segnare subito, ma se non riusciamo mantenete la calma, il gol può arrivare con il tempo».

Poi dà indicazioni tattiche su quale punto del campo è più opportuno cominciare il pressing. E spinge Aurier ad avanzare più deciso, c'è bisogno della sua spinta da dietro. Manco a dirlo, proprio su un'azione di Aurier nasce una strana combinazione. Perché con la palla uscita fuori, un raccattapalle velocissimo consente al Tottenham di ricominciare subito l'azione e sugli sviluppi Kane realizza il gol del 2-2. Tutti esultano, Mourinho corre ad abbracciare il raccattapalle! E incredibilmente il gol del 3-2 arriva proprio da Aurier. Poi Kane realizza addirittura il 4-2. La partita finisce, il Tottenham è agli ottavi di finale di Champions League. Dier è l'unico un po' abbattuto negli spogliatoi, ma le mosse di Mou hanno funzionato. «Non succede spesso di uscire dopo 30 minuti, anzi è la prima volta che mi accade in carriera». Mourinho va in conferenza stampa, gli chiedono del raccattapalle: «Io sono stato un grandissimo raccattapalle… Il ragazzo ha avuto la capacità di analizzare il momento ed è stato importantissimo». Come ricompensa per il suo ruolo nella vittoria José ha invitato il raccattapalle, Callum, a mangiare con la squadra: lo accoglie proprio Mourinho, lo invita a stringere la mano a tutti ragazzi. Kane lo accompagna nelle presentazioni. Un gruppo si cementa anche così.

Mou il profeta

Poi è il turno di Dele Alli, solita convocazione in ufficio: «Tu sai che mi piaci, lo senti, mi piaci come giocatore e mi piaci come persona. Penso che tu sia un bravo ragazzo, non voglio essere tuo padre perché ne hai già uno, non voglio essere tuo zio, il tuo fratello maggiore. Voglio solo essere il tuo allenatore, con una buona intesa tra noi. Perciò devo sempre dirti cosa penso. Magari qualche volta dentro di te mi manderei a quel paese, ma io devo dirti esattamente quello che penso. Io non ho dubbi sulle tue potenzialità. Ti ho visto giocare partite incredibili e fare grandi cose. Ho sempre avuto l'impressione però che tu avessi degli alti e dei bassi. C'è una grande differenza tra un giocatore che ha costanza di rendimento e un giocatore che va a momenti, questo fa la differenza tra un grande giocatore e un giocatore con un grande potenziale. Non è qualcosa che devi condividere con me, credo che tu debba rifletterci da solo e capire perché la tua carriera va così. Io non lo so se c'entra il tuo stile di vita, sei in certi periodi sei un grande professionista in altri diventi un festaiolo che va in giro, io non lo so, non ne ho idea, solo tu puoi saperlo. Io ho 56 anni e ieri - solo ieri - ne avevo 20. Il tempo vola. E credo che un giorno tu rischi di avere molti rimpianti se non raggiungerai il tuo massimo potenziale. Non mi aspetto che tu sia l'uomo partita in ogni occasione, non mi aspetto che segni in ogni partita, voglio solo dirti che potresti pentirtene. Dovresti essere più esigente con te stesso, non sono io a doverti chiedere di più».

Poi Mourinho si confida con il suo presidente, Daniel Levy, sul tema Dier, il giocatore sostituito alla mezz'ora: «Normalmente - dice - Dier non dovrebbe giocare la partita prossima visto che stava giocando male. Ma dopo la bella pugnalata che gli ho dato forse devo farlo partire titolare. Forse questa volta dovrò sacrificare Wings per un discorso di... famiglia, per il senso della famiglia». Prima della partita successiva, le telecamere indugiano su Mourinho che nel suo ufficio si inginocchia, bacia il rosario annodato tra le dita e poi va in campo. Si gioca con il Bornemouth e va in gol proprio Dele Alli, caricatissimo dopo il discorso che gli ha fatto Mourinho. All'intervallo sono 1-0 per il Tottenham. Mou prende la parola: «Abbiamo tre problemi difensivi da migliorare: inizio da quelli più piccoli, non da quelli più grandi. Nelle rimesse, una cosa elementare, non siamo abbastanza aggressivi e forti, li lasciamo evitare il pressing, arriviamo sempre in ritardo e non siamo abbastanza di impatto. Prime e seconde palle in area, dobbiamo andarle a prendere noi, ci vuole più aggressività e determinazione. Partiamo forte, cosa che non abbiamo fatto nel primo tempo, e prendiamo il controllo dall'inizio».

Andrà proprio così: ancora Dele realizza il 2-0. Il 3-0 è di Sissoko. Mourinho esulta con un sorriso dei suoi con la lingua tra i denti. Il Bournemouth accorcia fino al 3-2, ma vince Mourinho, ed è la terza volta consecutiva. Appena entrato negli spogliatoi Mourinho si fa sotto: «Sapete che cosa ha fatto il Chelsea? Ha perso. Siamo a sei punti da loro. Una settimana fa eravamo a dodici punti, ora a sei!». I giornalisti nel post partita gli chiedono della rinascita di Dele Alli: «Credo solo di averlo schierato nel ruolo in cui si sente più a suo agio».

Il segreto? Arrabbiarsi!

Contro il Manchester perdono due a uno, la prima sconfitta sotto la guida di Mourinho. Nell'analisi del giorno dopo torna sul suo punto fermo: «Abbiamo pessime sensazioni sulla partita di ieri, credo sia così anche per voi. Durante la partita in vari momenti mi siete sembrati un gruppo di bravi ragazzi e ho pensato che vi steste nascondendo. L'atteggiamento non era abbastanza buono». Interviene Kane, il leader: «Succede questa cosa in ogni partita, non so perché, tutti hanno paura, ognuno pensa che ci penserà qualcun altro a risolvere quel problema, questo è inaccettabile, non voglio accusare nessuno, ma è così». Mourinho: «Dobbiamo migliorare questa situazione, la strategia è una: arrabbiarsi. Se c'è una palla contesa va conquistata. Il duello va vinto. La seconda palla va conquistata. Dovete essere dei bastardi». Son conferma: «Ha ragione, siamo troppo buoni». Poi Mourinho, in intervista: «Voglio cercare di trasformare la mentalità di questi giocatori, ma bisogna mantenere un equilibrio anche in caso di sconfitta. La squadra deve essere solida e mentalmente forte anche dopo le sconfitte. La nuova mentalità deve essere quella di un gruppo unito».

Come allenta la tensione

Poi si torna in campo, per Mourinho è il momento di alleggerire il clima. Dice al gruppo: «Ora facciamo un esercizio che ho inventato io. Se lo avete già fatto è perché mi copiano». Divide le squadre in gruppi e in diversi campetti, alla fine si divertono tutti e tornano negli spogliatoi esultando e facendosi beffe gli uni degli altri. Ma Mourinho resta preoccupato. Lo si vede in ufficio scrivere formazioni e preparare schemi e poi cambiare foglio. Poi con il presidente affronta la questione Eriksen: sanno che vuole andar via ma non si sa ancora dove. Il 7 dicembre c'è Tottenham-Burnley: «Ragazzi, vincete e tra due ore saremo a sei punti dalla zona Champions League, tra due ore sarete a cena e domani avrete il giorno libero. Che cazzo, non ci servono altri stimoli per vincere questa partita, andiamo». All'intervallo si è già 3-0, la partita finisce 5-0. Non era mai successo che una squadra di Mourinho vincesse 5-0.

Mou carica ulteriormente i suoi giocatori, deve preparare psicologicamente due partite prima di Natale con squadre che sono più in alto degli Spurs in classifica. Carica di nuovo: «Eravamo a 12 punti dalla quarta, la prossima settimana potremmo essere a 3 punti. Questo ci dà una prospettiva del tutto diversa per il resto della stagione. Significa che questa partita contro i Wolves e la prossima contro il Chelsea per me sono quelle che possono accelerare il processo». Si va a giocare in casa del Wolverhampton, è la settima contro l'ottava. In preparazione della partita Mou punta tutta l'attenzione sulla preparazione fisica e atletica degli avversari: «Se andiamo lì con un atteggiamento tipo Topolino ci fottono». La partita è 1-1 a quattro minuti dalla fine, i Wolves sfiorano il gol. Mou chiama Eriksen dalla panchina e lo manda in campo, esce Lucas Moura. Quarto minuto di recupero: calcio d'angolo, batte Eriksen. Svetta Vertonghen, è gol! Mourinho scivola sul prato sotto la pioggia inginocchiandosi. Vincono gli Spurs, ora sono solo a tre punti dal Chelsea, i prossimi avversari.

Contro gli ex del cuore

Mourinho con il Chelsea ha vinto otto trofei. In campo, in allenamento carica i suoi giocatori: «Se vedete che loro cambiano gioco in un punto in cui siamo deboli dobbiamo pressare di più. Se saremo organizzati dobbiamo essere bravi a spingerli al lato dove stiamo chiudendo». Son rivela fuori campo: «Non dico che sia la prima volta che siamo cattivi e aggressivi, ma è bello vedere che riusciamo a farlo». Alla vigilia si spendono fiumi di parole sul passato al Chelsea di Mourinho: «Io - dice José in conferenza stampa - adesso sono del Tottenham al 100%, dedico tutto me stesso al mio club e il mio club è il Tottenham. Per me è molto semplice giocare questa partita». Sarà così anche quando giocherà contro l'Inter?

Gli chiedono di Lampard: «Con Frank di sicuro ci daremo un bell'abbraccio prima della partita e un altro dopo. Di sicuro gli sarò sempre grato per quello che ha dato a me come giocatore, gli vorrò sempre bene, ma spero che domenica perda». Il 22 dicembre c'è Tottenham-Chelsea. José nel suo ufficio bacia ancora l'effigie di Gesù Cristo. Stavolta non basta. All'intervallo il Chelsea è in vantaggio 2-0. Al rientro negli spogliatoi c'è nervosismo. Dele Alli scaglia in terra una bottiglietta. Parla il boss: «Reagite alle pressioni, stiamo perdendo due a zero, reagite. Non tiratevi indietro. Accettate lo scontro, stiamo perdendo due a zero. Seconda cosa: credeteci, credete che non perderete. Credete di poter vincere. Dobbiamo giocare meglio. Dobbiamo anche portare la partita in un'altra dimensione emotiva. Ora pressiamoli alti. L'avete già fatto ma ora fatelo ancora di più. Dovete segnare un goal, solo un goal, anche all'80º, all'85º minuto. Un goal e la partita si rianima». All'intervallo mette dentro Eriksen. All'inizio della ripresa, clamoroso cartellino rosso per Son che rientra negli spogliatoi quasi in lacrime. La rimonta è un'utopia. Finisce la partita, due a zero per il Chelsea. Si torna negli spogliatoi, a testa bassa. Non sarà un Natale felice.

© RIPRODUZIONE RISERVATA