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le parole

Coronavirus, Tommasi: "Se va bene, speriamo di tornare in campo a giugno"

Il presidente dell'Assocalciatori: "L'Uefa rimandi l'Europeo e vada incontro ai campionati. Improbabile che si possa disputare, soprattutto se itinerante"

La Redazione
15 Marzo 2020 - 21:41

Damiano Tommasi è stato ospite alla trasmissione Che tempo che fa su Rai Due. Il presidente dell'Aic e campione d'Italia con la Roma nella stagione 2000-01 spinge da diversi giorni perché venga data priorità alla salute di tutti e vengano interrotte le competizioni, come sta accadendo. Ecco cosa ha dichiarato questa sera.

Sfida dura quella di far fermare i campionati.
"E' stato complicato com'è complicato condividere il nostro compito di restare a casa. Ci sono ancora tante persone in tante zone in cui questo non accade e non è compreso. Questo era difficile nel mondo dello sport e del calcio e credo che il nostro mondo dovesse lanciare un messaggio forte e chiaro, che poi è quello lanciato dalle nostre istituzioni in questi giorni che stiamo comprendendo qui e anche in Europa".

La quantità di giocatori positivi continua a crescere. Ma ha sorpreso che il calcio ci abbia messo tanto.
"La Formula 1 ha già messo in forse il Gran Premio di fine maggio, nel calcio si parla di ritornare a giocare il 5 di aprile. E' chiaramente impossibile. L'auspicio è quello di tornare noi a giocare forse a fine maggio, forse nel mese di giugno ma se tutto va bene e se tutti facciamo quello che dobbiamo in questo momento".

Ma gli allenamenti continuano?
"E' quello che abbiamo cercato di esprimere con un comunicato dell'Aic di ieri. Denunciare questi comportamenti che per tanti motivi sono fuori luogo, anche perché l'orizzonte temporale con il quale si torna a giocare è molto in là e ci sarà tempo per recuperare. Il motivo per cui mi sono attivato è per il messaggio che lo sport in questo momento deve dare, un messaggio di concentrarsi su altre squadre che in questo momento sono veramente sul campo 24 ore al giorno e ci stanno dando quella sicurezza su cui il mondo dello sport potrà poi lavorare con serenità e tornare a quello che è l'obiettivo di tutti gli sport cioè soprattutto di dare serenità, coinvolgimento e far appassionare. Oggi l'obiettivo è un altro".

Chi è stato più difficile da convincere a fermare tutto?
"Un po' il contesto, ma  purtroppo quando si parla da società a calciatore sembra che vogliamo solo tutelare la salute dei giocatori. Vorrei ricordare che la prima società colpita è stata la Pianese Calcio (Lega Pro), il cui magazziniere è ancora in terapia intensiva. Si parla di un mondo di persone che ruotano attorno alle squadre come oggi credo ci siano un centinaio di persone in quarantena alla Juve. Questo è. Comunque persone che viaggiano, girano l'Italia e l'Europa e in questo momento devono fare il loro compito di cittadini, rimanere a casa. Obbligarli a muoversi e a scendere in campo è stata una forzatura. Sembra che l'Europa ora abbia compreso che non era un problema soltanto italiano e questo speriamo porti a rinviare l'Europeo per dare tempo. Mi viene da dire che l'Uefa si debba comportare come la Comunità Europea, cioè cercare di aiutare tutte le Leghe a finire i campionati o comunque a sostenersi ed essere quella che dà una mano per tenere unito il calcio europeo. Come abbiamo visto siamo una catena e i problemi di un campionato sono i problemi di tutti gli altri".

Realisticamente è difficile pensare che si giochi l'Europeo.
"Anche perché la formula di quest'anno era divisa su 12 paesi e 24 squadre. Sperare che a giugno sia un'opzione percorribile e sperare che ci siano gli stadi pieni penso che sia abbastanza improbabile".

Vuoi fare un appello?
"Ringraziare quelli che sono in prima linea nei nostri ospedali e nei nostri presidi medici e dire che sono tante le iniziative che il calcio e i calciatori stanno prendendo, anche grazie ai social che una volta tanto ci sono molto utile e magari in seguito continueremo a utilizzare in maniera positiva. Su tutti la raccolta fondi dei campioni del mondo del 2006 e tutti gli altri".

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