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Più punte, zero gol: la lezione da imparare da Benevento-Roma

Quasi mai mettere più attaccanti in campo è garanzia di una rete. Come è successo alla squadra di Fonseca, che nel finale dell'ultima gara ha giocato con il 4-2-4

Edin Dzeko durante Benevento-Roma, di LaPresse

Edin Dzeko durante Benevento-Roma, di LaPresse

22 Febbraio 2021 - 18:48

Peccato che non ci fosse pure Zaniolo. Non tanto perché il ragazzo con la sua tecnica e potenza fisica a Benevento poteva trasformarsi nell'uomo in più che decide partite come quella di ieri sera. Quanto perché Fonseca avrebbe mandato in campo pure lui in quell'assalto finale che ci ha fruttato soltanto un colpo di testa di Pellegrini salvato sulla linea e l'amarissima illusione di un calcio di rigore poi azzerato dal sempre solerte Var nelle partite dei giallorossi (intendiamoci, giusto così, il fuorigioco c'era). Fonseca ci ha provato in tutte le maniere a vincerla. Ci ha provato al punto che nella parte finale dei novanta minuti, i giallorossi si sono trovati in campo con quattro attaccanti, Dzeko e Borja Majoral, Pedro ed El Shaarawy che dal giorno dell'addio di De Rossi non assaporava vel'effetto che fa giocare nel campionato tricolore.

In pratica abbiamo visto la Roma schierata in un inedito quanto sfacciato quattro-due-quattro, probabilmente con la convinzione che più punte si mettono in campo e più ci sono possibilità di buttare il pallone in fondo alla rete. Invece, non è quasi mai così. La storia del calcio è piena di squadre con quattro punte in campo che non solo non fanno gol ma fanno fatica pure a tirare in porta. Un po' quello che è successo ai giallorossi a Benevento. Un possesso palla quasi esagerato, passaggi in orizzontale, pochi uomini in grado di saltare il diretto avversario che poi spesso erano due (il sospetto che Pippo abbia chiesto lumi al fratello Simone su come fermare la Roma ci sta tutto), una lentezza di manovra che non faceva altro che consentire al Benevento, pure nelle poche volte che provava a ripartire, di riposizionarsi in campo nel modo «minestraro» che gli aveva detto Pippo.

I novanta minuti di Benevento, per l'ennesima volta ci hanno detto che la somma delle punte non fa quasi mai gol. Sia chiaro, non vuole essere assolutamente un capo d'accusa nei confronti di Fonseca (vedrete che in futuro non ricadrà più nell'equazione più punte, più gol). Ma in una sfida come quella di ieri sera, con un Benevento che sin dal primo minuto si è sistemato con dieci uomini sotto palla, facendo una densità nella propria metà campo che neppure in un centro commerciale alla moda nei giorni di festa, con l'imperativo di perdere tempo ogni volta che ce ne fosse stata l'occasione, si poteva togliere Borja Mayoral nel momento in cui è entrato Dzeko in campo. E anticipare gli ingressi di Pedro (per Mikitharyan) ed El Shaarawy (per un difensore) per provare a costringere il Benevento ad allargarsi consentendo magari ai nostri centrocampisti inserimenti con un minimo di spazio da sfruttare. Invece tutte quelle punte insieme in campo non hanno fatto altro che intasare ulteriormente gli spazi con grande gioia di Pippo Inzaghi che è l'unico allenatore capace di stare di più fuori dalla sua zona competenza battendo anche il fratello che in questo senso vantava il record del mondo.

A corollario di tutto quello che abbiamo detto, c'è poi un altro aspetto di una banalità sconcertante e del quale quasi ci vergogniamo. Cioè per fare gol bisogna tirare in porta. E invece, questa Roma quasi non sa cosa sia il tiro da fuori area. Eppure Pellegrini, Veretout, Mkhitaryan hanno le qualità per poter far male dalla distanza. Forse non lo fanno perché nella testa c'è il filo conduttore di seguire una trama di gioco per arrivare in area di rigore e fare gol dalla corta distanza. Certe volte non funziona così. Soprattutto in quelle partite in cui gli avversari hanno quasi il divieto di superare la linea di metà campo. E allora queste partite bisogna saperle leggere con anticipo.

Già nel primo tempo era evidente quale fosse il piano partita di Pippo. Tutti dietro, palla lunga, Lapadula prova a pensarci te, magari anche con qualche trucchetto disonesto di cui il peruviano è un maestro. Quando è così, quando gli avversari giocano brutto, sporco e cattivo, quando capisci che attraverso il gioco sarà difficile mettere paura al portiere avversario, allora devi provare ad adeguarti. Giocando pure te, cara Roma, brutta, sporca e cattiva. Soluzione migliore di quella di continuare a mettere attaccanti in campo che non fanno altro che agevolare gli avversari, restringendo ulteriormente gli spazi nella metà campo offensiva che ieri sera per quasi tutto il tempo ha visto protagonisti tutti e venti i giocatori di movimento.

Così, purtroppo, è arrivata la prima non vittoria con una delle ultime dieci della classifica. La cabala ci diceva che prima o dopo doveva succedere. E' successo. Ma da questa delusione tecnico e giocatori devono trarre l'insegnamento che più punte non vogliono dire gol e che per fare gol bisogna tirare in porta, anche a rischio di fare una brutta figura. Quante reti abbiamo visto reti arrivate da una ciabattata deviata da un difensore per gol che una volta erano autogol? Se la Roma avrà capito questo, la corsa Champions continuerà a vederla protagonista. Come merita per tutto quello che ha fatto in stagione.

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