Il racconto della stagione di Paredes: l'ultimo tango a Roma
Dallo svarione con l’Empoli all’ultimo gol sotto la Sud: alti e bassi per il centrocampista. Ai margini con Juric, con Ranieri torna al centro. Nel finale spesso fuori

(GETTY IMAGES)
Lontano da Roma, lontano dalla Roma, Leandro Paredes ha festeggiato i suoi 31 anni, con una torta a tema Boca Juniors che lascia poco spazio alle interpretazioni. La volontà del giocatore è chiara, ferma e ribadita più volte: Leo vuole tornare al Boca, la squadra in cui mosse i primi passi calcistici da ragazzo prima di essere portato in Europa dalla Roma. Era il gennaio del 2014, da allora sono passati 11 anni, nei quali Paredes e la Roma si sono promessi, attesi, allontanati e ricongiunti, tra i prestiti a Chievo ed Empoli, la consacrazione e la cessione in Russia, quindi il ritorno nel 2023.
La stagione appena conclusa, probabilmente l’ultimo tango dell’argentino all’ombra del Colosseo, ha rivissuto tutte queste fasi del rapporto tra l’argentino e la Roma. Un rapporto sicuramente importante, intenso, se non altro per quel numero 16 sulle spalle che Leo aveva chiesto ed ereditato da Daniele De Rossi. Lo aveva poi ritrovato come allenatore, DDR, ed ecco che la stagione giallorossa è iniziata nel peggiore dei modi, con l’allontanamento del tecnico dopo solo quattro giornate di campionato: in una di queste, il clamoroso k.o contro l’Empoli in casa, pesa tantissimo la follia di Paredes, che in avvio di secondo tempo perde un pallone sciocco cercando di rimediare con un assurdo fallo da rigore, per il raddoppio dei toscani (4 il voto sulle pagine de “Il Romanista”). Che poi, a conti fatti, porteranno a casa i tre punti nonostante la rete di Shomurodov.
L’arrivo di Juric relega ai margini della rosa il regista argentino, cui vengono preferiti profili più di spinta: nelle 12 partite con il croato in panchina soltanto 158’ in campo e ben sei partite (di cui cinque di fila) senza neanche entrare. «Non fosse arrivato Ranieri, sarei andato via a gennaio» ha detto più volte Paredes, e non si fa fatica a credergli: pronti via, Leo rimane in panchina a Napoli, ma già quattro giorni dopo torna titolare a Londra, nella cruciale sfida europea contro il Tottenham, regalando nuovamente geometrie alla manovra romanista (7 in pagella a fine partita).
Da lì in poi con Sir Claudio è amore calcistico: dal 2 dicembre (Roma-Atalanta) al 26 gennaio (Roma-Genoa) in Serie A Paredes gioca sette partite su otto, saltandone una solo, a Como per influenza, e rimanendo in campo per sei su sette dall’inizio alla fine. Ecco perché a fine febbraio la vacanza concessa da Ranieri, che esclude Paredes e Hummels dai convocati per Venezia, non fa troppo rumore. Si entra infatti nella fase cruciale del campionato e dell’Europa League (il percorso in Coppa Italia era già terminato contro il Milan) e Ranieri gestisce la rosa con tutta la sua esperienza: a turno diversi giocatori, anche e soprattutto i più importanti, vedono diminuire il proprio minutaggio (leggi Koné, Saelemaekers) ma nelle notti più importanti l’allenatore non rinuncia al suo play: come l’anno scorso, è suo l’ultimo gol della Roma in Europa League, con il rigore realizzato nel finale contro l’Athletic. Nota amara. Ma simbolo dell’impegno del gruppo.
Chiusa l’avventura europea, anche per Leo inizia un periodo di gestione: dopo la notte di Bilbao gioca tutta la partita contro il Cagliari, quindi salta cinque delle ultime nove giornate di campionato. Out contro Verona, Inter, Fiorentina e Atalanta, scende in campo per le partite contro Juve, Lazio (dove viene ammonito subito per fallo su Zaccagni), Milan e Torino. Contro rossoneri e granata arrivano due gol, a Torino su rigore, all’Olimpico con una punizione incredibile sotto la Sud, nella notte del saluto a Claudio Ranieri. La corsa rabbiosa verso i tifosi è l’istantanea di quella che probabilmente è stata anche la sua ultima notte romana, prima del ritorno in patria. Il miglior modo, forse, per dire addio
© RIPRODUZIONE RISERVATA