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Olimpico di fuoco

Il Mourinho silenzioso è viola di rabbia

Oltre novanta i minuti vissuti con grande passione e intensità. Una conduzione arbitrale non all’altezza lo porta a non parlare a fine gara

Mourinho durante Roma-Fiorentina

Mourinho durante Roma-Fiorentina (GETTY IMAGES)

Andrea Di Carlo
11 Dicembre 2023 - 07:54

Non esiste un giocatore giallorosso che abbia giocato la sfida dell’Olimpico contro la Fiorentina con la stessa intensità messa sul manto erboso da José Mourinho. Nessuna fibra muscolare è stata tenuta a riposo o risparmiata, ogni singola vibrazione o impulso è stato amplificato da una gestualità tipicamente “mourinhana”, volta a trasmettere ai suoi ragazzi carica e adrenalina. 

La voleva vincere, l’aveva preparata così in settimana, con le pressioni alte, con la spinta degli esterni, la qualità di Dybala e la fisicità di Lukaku. Il menù del vantaggio della Roma, la chiave di volta che sembrava aver messo in discesa la partita dell’Olimpico. Poi, uno dopo l’altro, oscuri presagi hanno iniziato a comparire all’orizzonte: prima il ko di Dybala e l’immediata scelta di puntare su Azmoun. Poi il ko dell’iraniano, che ha preceduto di poco l’espulsione di Zalewski per doppia ammonizione: lì è cambiata la partita, ha riunito i suoi collaboratori, con l’intento di conservare il vantaggio, prepararsi al peggio ma provare a vincere la partita. Il peggio era dietro l’angolo, con il pari viola e mezz’ora ancora da giocare.

Lì, per Mourinho, è iniziata un’altra gara. Trentasette minuti di intensità e stress emotivo che necessiterebbero di due giorni di riposo, ma, da condottiero indomito, aveva capito come fosse quello il momento per non lasciare da soli i suoi ragazzi in mezzo alla tormenta, ma anzi, l’attimo in cui balzare al comando e guidare la nave verso un porto sicuro. 

E quando tutto torna in ballo, è la cura del dettaglio a fare la differenza. Come i cambi. Perché se sei stato costretto a “bruciarti” due slot per infortuni, il terzo in una partita a scacchi con i pedoni contati devi giocartelo con attenzione e con il giusto tempismo. La mossa è ricaduta poi sulla freschezza di Bove, catapultato in campo per dare ossigeno ai compagni. Oppure sui calci piazzati. Lo testimonia un “pizzino” fatto recapitare a Rui Patricio da un raccattapalle (Lukas Bruscaglia, mediano classe 2009 dell'U15), dove lo Special One indicava il posizionamento di El Shaarawy e Bove sui corner battuti dai viola. Un dettaglio dopo l’altro, con la stessa identica estenuante intensità. 

E quando il disegno sembrava aver ripreso forma e la giusta geometria, arriva il rosso (giusto) a Lukaku. Le braccia sconsolate del portoghese si agitano e danno le spalle al campo. Ma per poco, perché la battaglia non è finita. E così lo vedi correre all’indietro come se difendesse lui oppure sbracciarsi a lungo per indicare a El Shaarawy di non salire sugli ultimi rinvii calciati da Rui Patricio. Il triplice fischio di Rapuano è una liberazione, l’ultima scarica di adrenalina se ne va tra i saluti generali. Di Mourinho nel post gara nemmeno una sillaba. Meglio così, la rabbia era troppa, meglio dormirci su.

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