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La terza maglia

Un'altra identità

Il rosa e il nero non sono piaciuti a molti. Lo stemma però ha “bilanciato”. Le bizzarre regole del merchandising, il sano bisogno di nostalgia tra novità e tradizione

Zaniolo nel match contro l'Helsinki

Zaniolo nel match contro l'Helsinki (As Roma via Getty Images)

Mauro De Cesare
18 Settembre 2022 - 12:00

«Ok boomer». È un modo di dire e un meme usato da adolescenti e giovani adulti per respingere o deridere, ma nella maggior parte dei casi soprattutto per scherzare, gli atteggiamenti associati alle persone nate nei due decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Esiste una vera identificazione “storica”: è boomer chi è nato tra il 1946 e il 1964. La carta d’identità non ammette bugie.

Ebbene sì, io sono un boomer, me lo ricordano quotidianamente i miei figli. E sono particolarmente orgoglioso di esserlo quando parlo della Roma. In particolore delle maglie che indossa la squadra giallorossa. Perfino il leggendario campo Testaccio, aveva le tribune con i colori storici della AS Roma 1927: giallo-oro e rosso pompeiano. E quella maglietta completamente rossa, con polsini e colletto girocollo gialli, di flanella, è stata la mia prima divisa della Roma. Non c’erano nomi e numeri sulle spalle feci cucire da mia mamma un numero: 11. Era quello, io poco più che bambino, che identificava Paolone Bisonte Barison.

Il tempo è autorizzato a modificare le tradizioni, il “c’era una volta”. Siamo diventati giallorossi: e basta. Un “incipit” fin troppo lungo per parlare della terza maglia della Roma. Il regolamento pone molti limiti al look delle squadre: i colori, i numeri,  i nomi dei calciatori, gli stemmi, gli sponsor.

Detto tutto questo, fin troppo noioso, andiamo al punto. “A me sembra la maglia del Palermo”… “A me quella del Bologna”… “È bella esteticamente, ma che c’entra con la Roma e il giallorosso?”. Sono solo alcuni dei commenti che, facendo un breve giro-social, ti danno il polso della situazione: scopri che a moltissimi tifosi la terza maglia non piace: assolutamente. E loro non sono boomer. Ricordo con simpatia la “Pouchain” (anche quella particolare, ma giallorossa e arancione) a strisce orizzontali e un giocatore che la indossava: Giuliano Musiello. Sulla bilancia il centravanti evitava di salire, e con quelle strisce sembrava perfino grasso: in curva lo chiamavamo “gommone”.

Insomma, il rosa e nero di questa ultima scelta, fa discutere. Non piace neppure a Mourinho, che per non inoltrarsi in percorsi tortuosi, si è limitato a dire: «Non mi entusiasma, l’importante è che si venda». Ecco, in nome non solo del merchandising tutte le squadre sono state chiamate dal regolamento a non far emergere i colori sociali sulla terza maglia. Poi hanno vietato pure il colore verde, lo stesso del campo in erbetta. Metterebbe in difficoltà gli arbitri e, non è un piccolo particolare, una corretta visibilità delle riprese televisive. Da boomer accetto. Accetto, anzi mi entusiamo nel vedere, dopo sessantadue anni, il logo storico, l’acronimo ASR, sulla sinistra, lì dove batte il cuore.

Di certo, fregi rosa o neri, non appariranno mai nella sciarpata che, sulle note di “Roma Roma”, accompagna i giocatori in campo. Tutto questo, non per polemizzare con le scelte della Federazione e del “progresso” in generale, ma per sottolineare che tutti i tifosi giallorossi (non solo i boomer), tradizioni o meno non potranno sostituire i colori di Roma e della Roma in nessuna maniera.

E immagino partendo da Guido Masetti, primo portiere della Roma che vinse lo scudetto nel 1942 e due volte Campione del Mondo con la nazionale azzurra nel 1934 e 1938, per arrivare ad Agostino di Bartolomei, Bruno Conti, Giuseppe Giannini, Daniele De Rossi, Francesco Totti e Lorenzo Pellegrini, sentir dire che la terza maglia attuale è stampata sulla propria pelle… Il tutto con evidente ironia.
Roba da nostalgici, naturalmente, e naturalmente boomer.

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