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Roma anomala. Var solo come gli pare

In 13 gare, mai un episodio rivisto. Eppure con Inter, Lazio e Genoa gli estremi c’erano. Allora, non sarebbe il caso di far scegliere agli allenatori?

28 Novembre 2017 - 12:00

Var o non var, questo è il problema. Anzi, meglio dire, il problema è che var come gli pare. Intendiamoci, non siamo contrari all'introduzione della tecnologia nel calcio. Per dire, l'avessero già avuta nella Liga (ci sarà dalla prossima stagione), il gol di Messi entrato di mezzo metro contro il Valencia sarebbe stato concesso con buona pace di quel senso di giustizia che dovrebbe essere alla base di qualsiasi cosa della vita, non solo prerogativa del calcio. Che, in passato, ha visto orrori arbitrali che ancora oggi fanno discutere, soprattutto da queste parti.

Ormai sono state giocate quattordici giornate di questo campionato (tredici per la Roma), si può fare un bilancio ragionato ed equilibrato dell'introduzione del Var nel nostro calcio. E, almeno dal punto di vista della Roma, i conti non tornano. Proviamo a spiegarci, fregandocene bellamente di tutti quelli che ci accuseranno eventualmente di essere i soliti piagnoni romanisti, quelli che non fanno altro che lamentarsi, dimenticandosi di vedere le eventuali situazioni favorevoli ai nostri colori. Ce ne faremo una ragione, perché gli obiettivi che abbiamo sono tre: il senso di giustizia di cui sopra; che alla Roma venga dato quello che spetta alla Roma; che si arrivi a un miglioramento del Var.

La prima cosa da dire è che nelle tredici partite di campionato giocate dalla squadra di Di Francesco, non si è mai verificato che un direttore di gara invocasse l'aiuto della tecnologia per rivedere un episodio successo nell'area degli avversari di turno dei giallorossi. Un'anomalia, se non altro statistica, considerando che tutte le altre squadre hanno visto diverse volte l'arbitro andare davanti alla telecamera per rivedere un episodio non chiaro. Eppure alcuni episodi avrebbero meritato di essere rivisti, magari anche più di una volta per verificare se la decisione presa in campo fosse quella giusta. Ce ne sono stati almeno quattro, ma il direttore di gara di turno assistito dall'addetto al Var, ha pensato bene che non ce ne fosse bisogno.

Perotti con l'Inter

Il primo caso è quello probabilmente più clamoroso perché di fatto ha determinato un risultato negativo e, pure, perché, a distanza di qualche giorno, il designatore arbitrale Rizzoli ne spiegò la dinamica con parole francamente inaccettabili nell'era della tecnologia. Eravamo alla seconda giornata di campionato. La Roma era strameritatamente in vantaggio contro l'Inter di Luciano Spalletti e, tra un palo e l'altro (dei giallorossi), ecco il fattaccio. Diego Perotti in area di rigore, salta Skriniar alla sua maniera, il difensore nerazzurro allunga la gamba, non prende il pallone ma l'argentino, condendo il tutto pure con un'ancata. Calcio di rigore piuttosto solare. Non per l'arbitro Irrati in campo, ma quello che è più incredibile neppure per l'addetto al Var, nell'occasione il signor Orsato, ritenuto uno dei migliori fischietti del nostro calcio. L'episodio non fu nemmeno rivisto, nonostante Irrati in campo chiedesse (labiale chiarissimo) cosa dovesse fare. Nulla. Un episodio che ha fatto discutere moltissimo, ma che ha lasciato senza parole quando il designatore Rizzoli provò a spiegare l'accaduto con un difetto di comunicazione. Difetto di comunicazione? Ma stiamo scherzando? Oltre al danno, pure la beffa? Dopo quel rigore non assegnato, l'Inter ribaltò la partita, vinse per tre a uno per uno dei risultati più bugiardi di questo campionato.

Il derby

Sacrosanto il rigore assegnato alla Lazio con l'ausilio del Var, fallo di mano indiscutibile quanto inutile di Manolas, tecnologia in azione, rigore assegnato, Immobile lo trasforma, derby rimesso in gioco ma poi comunque conclusosi con la vittoria giallorossa. Ok, tutto a posto. Un po' meno a posto, invece, è l'episodio che ha visto coinvolto Parolo con un fallo di mano nell'area dei biancocelesti. Non è detto che fosse rigore, ma perché almeno non andare a rivederlo visto che da quest'anno c'è la possibilità di farlo? Ma quando mai, come se per la Roma la nuova tecnologia non fosse stata introdotta.

E poi c'è Marassi

Domenica scorsa, stadio Marassi. La Roma fa la partita dal primo minuto, cercando, un po' faticosamente, di dare ragione al pronostico che la vede favorita contro la squadra appena ereditata da Ballardini. Primo tempo. C'è un cross dalla destra, sul pallone arriva El Shaarawy che di prima intenzione, da pochi metri, indirizza il pallone verso la porta. Laxalt respinge con un braccio, i giallorossi protestano, in particolare Dzeko, ma l'utilizzo del Var viene rimandato ancora una volta, per la Roma, a giorni migliori. Questo è stato soltanto il primo episodio, in una partita peraltro in cui il Var, giustamente, è stato utilizzato per l'espulsione di De Rossi e conseguente rigore per il Genoa. Il secondo arriva nei minuti finali. Kolarov tira un calcio di punizione sul secondo palo, Defrel arriva sul pallone subendo un possibile fallo da Rigoni, il pallone va verso il centro dell'area, Perin anticipa Schick, mentre Fazio viene evidentemente cinturato da un difensore genoano. L'argentino chiede il Var (e non potrebbe farlo), l'arbitro Giacomelli non ci pensa nemmeno. Il risultato è che, fin qui, la Roma non ha mai visto un episodio a suo favore rivisto dalla tecnologia. Un consiglio Ripetiamo, siamo favorevoli alla tecnologia. Così come siamo favorevoli al miglioramento della stessa. E allora ci permettiamo un consiglio. Perché, cari arbitri e istituzioni calcistiche, non si prova a fare come nel football americano dove l'allenatore ha un fazzoletto rosso da lanciare in campo (uno per tempo) per chiedere che sia rivista un'azione sospetta? A quel punto le responsabilità arbitrali sarebbero azzerate con buona pace di tutti. Ma forse è troppo facile per il nostro calcio.

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