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Settore ospiti - Gli Sconvolts, meglio sardi... che mai

Duri, puri, isolani e (auto)isolati. Per i cagliaritani esiste solo il “Casteddu ”

16 Dicembre 2017 - 11:19

Duri e puri. Gli Sconvolts del Cagliari non fanno sconti a nessuno. Uno dei loro più famosi slogan, «Essere ultras, esserlo nella mente», trova riscontro nelle linee guida che si sono dati. Totale assenza di rapporti con le forze dell'ordine; nessuno spazio a possibili business; opposizione senza deroghe alla Tessera del tifoso; contrarietà a sovvenzioni dalla società Cagliari; bandita ogni forma di comunicazione esterna, su siti e social network; nessuna connotazione ideologica; interrotto ogni tipo di gemellaggio. È la stessa genesi che li ha connotati come estranei al compromesso. Una data ormai lontana, quella del 6 febbraio 1987, nella quale si decide di dar vita a qualcosa di diverso rispetto a quanto visto nella Curva rossoblù fino ad allora. Spariscono alcuni gruppi attivi negli Anni 80, come gli Uccn (Ultrà CagliariCurva Nord), gli Eagles, la Brigata Sant'Elia. Nascono gli Sconvolts. Un nome che la leggenda metropolitana vuole ripreso dall'omonimo gruppo pisano. Con un occhio strizzato a sinistra (nella denominazione) e uno a destra (nei caratteri dello striscione storico), tanto per fuggire da ogni facile etichetta. La ricerca di una differente identità rispetto al passato li porta ad abbandonare progressivamente tamburi e cori dedicati ai giocatori. Tutti i piccoli gruppi confluiscono in quello portante appena sorto, che diventa il vero architrave della Curva.

lA SECESSIONE E LA RIVALITÀ CON SASSARI

Nel 1989 però, da una costola degli Sconvolts, nascono i Furiosi. I due all'inizio convivono uno accanto all'altro, soprattutto nell'iniziativa vocale e nell'organizzazione delle trasferte (mai semplici dall'isola). Poi i rapporti vanno deteriorandosi, diventando sempre più tesi e creando di fatto una vera e propria contrapposizione. In occasione di una sfida casalinga al Milan accompagnata da un'intera giornata di guerriglia urbana, i Furiosi perdono il proprio striscione. L'onta non viene perdonata e quando l'episodio si ripete (questa volta in trasferta, ad Ancona), le due anime arrivano ai ferri corti.Fino all'estromissione dei Furiosi dalla Curva . Eppure in passato erano state cementate amicizie con altre tifoserie, a volte perfino sotto forma di gemellaggio, come nel caso di quella con i foggiani, ospitati nel capoluogo sardo in più occasioni. Così gli ottimi rapporti con sampdoriani e atalantini, con i quali ancora oggi esistono forme di reciproco rispetto. Non si è invece chiusa l'epoca delle rivalità, che rimangono fortissime con milanisti, napoletani, juventini e bresciani. Ma sopra ogni altra quella coni sassaresi, nata per questioni di campanile e acuita da una serie di agguati agli imbarchi da Porto Torres in occasione delle trasferte al Nord. L'acredine reciproca porta i cagliaritani ad associare i rivali agli juventini; viceversa i sassaresi definiscono i rossoblù «africani». C'è un primato sull'isola da salvaguardare. La Sardegna, con l'eccezione di Sassari, tifa Cagliari. Anche se per i cagliaritani il simbolo è il "Casteddu", sinonimo del capoluogo. E le bandiere sono quelle che il Casteddu lo hanno sposato: Riva, Daniele Conti e soprattutto Cossu, che sul polpaccio ha il tatuaggio con il simbolo degli Sconvolts.

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