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Prospettiva Romanista - Semo italiani, ma romani e romanisti de più

Rapporto difficile: tifo e Nazionale, una passione che raramente decolla

17 Novembre 2017 - 12:00

No, debbo ammettere di non essere mai stato particolarmente coinvolto dalla Nazionale italiana. Quando vado all'estero e mi chiedono da dove provenga, rispondo sempre "sono di Roma" mentre mia moglie mi dà una gomitata e aggiunge "siamo italiani", con l'immancabile coda per la quale lei mi fa "digli che siamo italiani, no?" e io che replico dicendo che Roma è più dell'Italia e che è ovvio che se sono romano, da ben più di un secolo sono anche italiano. Diciamo che solitamente non guardo le partite dell'Italia anche se, lo ammetto, i Mondiali me li vedo e mi sono visto anche Italia-Svezia. Proprio in occasione di Italia-Svezia, giocata a cinque giorni dal derby, mi sono reso conto che la Nazionale non fa per me e che sono un tifoso della Roma e basta. Anzi, uno tra i più biechi, immorali e parziali tifosi. Non mi vergogno a dirlo e so che i più moderati mi daranno contro: ogni volta che Ciro Immobile toccava palla - e pure quando non la toccava - speravo nelle insidie del terreno di San Siro. E ciò è valso anche per giocatori appartenenti ad altre casacche storicamente rivali. Ho quindi riflettuto che per il sottoscritto è più importante un buon calcio d'angolo della Roma domani piuttosto che un qualsiasi gol dell'Italia, a meno che, ovviamente, non lo segni Florenzi o De Rossi e questo non mi pone tra quelli che tifano contro l'Italia, ma tra quelli a cui interessa assai poco degli Azzurri, ritenendosi più romani e romanisti che italiani e italianisti. Ricordo che, da ragazzo, si andava a vedere le partite dell'Italia allo Stadio Olimpico. La ragione era una sola: insultarli. Che avete capito? Non i giocatori italiani, ma i dirimpettai biancocelesti, che si collocavano, sin dal finire dell'inverno del 1973, in Curva Nord. Della partita non fregava nulla a nessuno: si stava con l'orecchio teso cercando di captare il coro che facevano i laziali per poi replicare di rimando.

Agli Smiths che chiedono: "È il mondo che è cambiato o sono cambiato io?", rispondo con la terza via di Angelo Branduardi: "Io non sono cambiato, il cuore ed i pensieri son gli stessi", e per me quel che valeva a 18 anni vale ancora a 51. Forse, con qualche lievissima smussatura. In modo sostanzialmente neutro, quindi, mi vien da dire che una federazione guidata dalla coppia Tavecchio/Lotito, che sembra essere - soprattutto quest'ultimo - una sorta di Signorotto medievale cui manca solo lo ius primae noctis per essere veramente completo, non può che fallire, se tutto è teso al guadagno e non alla salvaguardia e alla valorizzazione del calcio italiano, la cui espressione, attualmente, è la serie B e la Lega Pro ben più che la serie A. E infatti, anche a livello mondiale, in serie B ci siamo finiti. Solo una cosa abbiamo imparato da Lotito, anche se grazie a un lupacchiotto esponente dei Radicali Italiani che ha vinto una causa proprio contro la Roma: che la prossima volta che dovessero chiuderci la curva per qualsiasi astrusa ragione, la Roma può tranquillamente consentire ai propri tifosi di acquistare un biglietto per l'altra o per qualsiasi altro settore. Corretti sì, fessi no. Al derby ora! 55mila spettatori, già va leggermente meglio rispetto al passato, ancorché siano sempre pochi. Di questi, pur giocando in casa, 31mila romanisti. E pure questi sono pochi. la Tribuna Tevere è in libera vendita, che aspettate? A chi già c'è: daje ragazzi, fuori la voce, tutti uniti, forza Roma!l

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