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La Roma e la neve: storia di una trasferta lunga un mese

La squadra giallorossa “abbandonata” dopo la gara con il Napoli dalla Lega in Alta Italia nel febbraio del 1947 per un calendario “burlesco”

27 Febbraio 2018 - 14:37

Per mettere assieme una gara della Roma con il Napoli e la neve ho dovuto fare una scelta. Raccontare una storia o scegliere un trascorso beneagurante? Ho scelto la storia, anche se riguarda una Roma non proprio brillante, anzi fotografata in un momento particolarmente duro della propria vicenda sportiva.

Siamo nel gennaio 1947 e in quel momento, come vedremo, il Napoli arrivò prima della neve. Andiamo con ordine, il 15 gennaio la Roma aveva espugnato lo Stadio Comunale di Bologna con una splendida vittoria per 0-2 maturata con le reti di Ferrari e Krieziu. A giganteggiare, però, era stato il reparto difensivo con una partita maiuscola di Risorti e dei due terzini, Brunella e Andreoli. Gianni Rossi del Corriere dello Sport aveva scritto che i due erano «una coppia ideale. Calmo, preciso, una colonna il primo, una catapulta il secondo. Quante volte sono intervenuti, prevenendo gli avversari, o carpendo loro il pallone lo ha visto il pubblico».

ROMA-NAPOLI E DE FILIPPO ALL'ELISEO

Il Napoli arrivò a Roma per il match della settimana seguente con qualche cautela. Partiti per Sorrento il giovedì, gli azzurri arriveranno nella Capitale nella notte tra sabato e domenica (le distanze e gli spostamenti, nell'Italia di quegli anni rispondevano a logiche completamente diverse che si fatica a credere possibili ma che erano la logica conseguenza di una viabilità annichilita dalla guerra). In quei giorni nella Capitale stava accadendo qualcosa di assai strano. Eduardo De Filippo, assieme al fratello Peppino, stava rappresentando al Teatro Eliseo una nuova commedia che aveva debuttato a novembre, con reazioni abbastanza tiepide, al Teatro Politeama di Napoli. La Commedia a rischio flop era nientemeno che "Filumena Marturano". Arrivata all'Eliseo aveva iniziato invece a riscuotere un grande successo. È da non credere, ma quella che è forse la Commedia di Eduardo più rappresentata nel mondo deve la sua sopravvivenza agli applausi dell'Eliseo di Roma, in un gennaio freddo e inclemente in cui la Roma aveva richiesto ed ottenuto lo spostamento della gara alle ore 15.

Giovanni Degni era alle prese con la squalifica di Salar e si era orientato sulla scelta a sorpresa di Alfredo Bordonali. Per far capire cosa fosse la smania di calcio nel 1947, per una Roma che vivacchiava nei bassifondi della classifica basta descrivere lo scenario a cui si trovò di fronte Fulvio Bernardini, che doveva recensire la gara nella veste di giornalista. A un'ora dall'inizio della gara i cancelli dello Stadio Nazionale vennero chiusi. Oltre duemila persone, gran parte delle quali con il biglietto d'ingresso in mano, vennero lasciate fuori. Tra questi, incredibile ma vero, anche il presidente Pietro Baldassarre che si trovò a dover affrontare quello che venne definito «un preoccupante corpo a corpo con i cavalli della polizia e che ha dovuto allontanarsi dal chiuso cancello della tribuna centrale».

Non è dato sapere se alla fine il massimo dirigente giallorosso sia riuscito ad assistere all'incontro, quello che è certo è che non fu molto fortunato per la Roma. Il match si chiude in pareggio, ma al 62', Naim Krieziu aveva raccolto la ribattuta di una conclusione di Amadei e aveva puntato la rete avversaria. La palla picchiò violentemente nello spigolo tra montante e traversa ed uscì beffardamente: 0-0. Alla fine Bernardini, come era solito, fare fece visita allo spogliatoio giallorosso e si fermò a scambiare qualche impressione con il vecchio compagno di squadra Giovanni Degni. Fulvio stava per intraprendere la carriera di allenatore alla guida dell'Albatrastevere proprio in quei giorni e guardava con occhio curioso e partecipe le questioni tecniche. Dopo il Napoli, poi, quella Roma incontrò la neve, tanta neve.

UNA TRASFERTA LUNGA 20 GIORNI

Il 24 gennaio la squadra partì per Pesaro dove il programma prevedeva un pernottamento di scalo, prima di raggiungere Vicenza dove si sarebbe dovuto affrontare il successivo turno di campionato. La comitiva giallorossa, in realtà, aveva dovuto mettere in preventivo una trasferta folle di 20 giorni, visto che, in ossequio a un calendario burlesco, dopo Vicenza, si sarebbero dovute affrontare altre due gare fuori dalle mura amiche ad Alessandria e Genova. Insomma quasi tre settimane fuori dalla capitale, in torpedone in un Nord Italia invaso dalla neve. Vincenzo Biancone, come al solito, venne incaricato d'organizzare la sortita. Il piano di viaggio prevedeva degli scali ad Abano e Aqui per visitare gli stabilimenti termali e dare ristoro agli arti degli atleti più usurati. La comitiva venne assemblata con 13 calciatori, vale a dire due sole riserve (Omero Losi e Corrado Contin). La mattina del 26 gennaio Vicenza venne colta da una bufera di neve. Le squadre riuscirono a raggiungere lo stadio, dove l'arbitro Pera, accompagnato dai due capitani, espletò le formalità di rito ufficializzando l'impossibilità di poter disputare la gara. Quel giorno, sette delle quindici partite del concorso Sisal non vennero disputate per maltempo. A Torino, per capire la situazione, l'annuale corsa campestre vide alla partenza 16 concorrenti, in un clima da "si salvi chi può".

Roma, che mentre scriviamo è assalita da una coltre bianca, come si presentava in quelle ore del 1947? Lo scrive Ennio Mantella: «Neve, pioggia, di quella fitta ghiacciata: vento di tramontana, sottile, da mozzare il respiro: freddo gelido. Dove leggemmo queste rapide parole che ci descrivevano ambienti nordici, la ove s'avventurano spiriti decisi a ogni rischio? Forse in Verne quando eravamo bambini e nel lettuccio caldo fantasticammo anche noi d'avventure (…). Conoscete lo Stadio di Roma? Bel campo, dal fondo soffice, che assorbe acqua come se fosse assetato. Raramente ha pozzanghere, raramente si scrive per esso la parola impraticabile. Ebbene dovevate vederlo domenica, pozzanghere e fango. Pozzanghere nascoste e traditrici sotto l'erba che aveva ridotto le maglie dei giocatori tutte d'un colore. E lo sforzo per calciare, per tenersi in equilibrio».

I GIALLOROSSI COME ESPLORATORI POLARI

E la Roma? La Lega abbandonò i giallorossi in attesa di decisioni sul recupero sino alla giornata di mercoledì (presso l'albergo "Roma", naturalmente), quando finalmente qualcuno si degnò di avvisare che la gara non sarebbe stata recuperata prima del 9 febbraio. Allora, i ragazzi di Degni, a bordo «dell'autopullman rosso fiammante», partirono alla volta di Moglia, in provincia di Mantova, dove sarebbero stati ospiti presso la casa natale di Omero Losi. Questi particolari fanno capire, forse più di un libro, quale abisso spaventoso separi il calcio della prima metà del ventesimo secolo da quello attuale. Sopravvivevano ancora situazioni e contesti tipici di uno sport ancor più che semidilettantistico, direi prettamente pionieristico. Il tragitto della Roma divenne un di viaggio di frontiera, un'esperienza da esploratori polari. Sappiamo che il 30 gennaio la "colonna" giallorossa raggiunse Guastalla, originariamente non prevista nella tabella di marcia. Degni e Vincenzo Biancone decisero che non era possibile procedere oltre e tra «l'entusiasmo e la simpatia degli appassionati del luogo», venne deciso di far sostare la squadra che si allenò nella palestra comunale.

Il 2 febbraio, alla vigilia di quello che sarebbe stato l'incontro con l'Alessandria, un anonimo articolista del Corriere dello Sport ebbe il coraggio di denunciare quella che era stato il totale abbandono in cui le autorità federali avevano lasciato la squadra della capitale: «Con oggi sono già dieci giorni che la Roma deambula per l'Alta Italia e bene che le vada, la progettata trasferta di 19 giorni arriverà a circa un mese. Ci sembra di vederli, i giallorossi, in assidua preghiera perché torni il sereno». Il 1 febbraio i lupi, sfiancati, fecero il loro ingresso ad Alessandria con il portiere Fosco Risorti in stato di collasso. Vincenzo Biancone dovette telegrafare a Roma per concertare l'arrivo del portiere di riserva Francalancia. Nel caso non ce l'avesse fatta era stato messo in preallarme Jacobini, che già in diverse occasioni, negli anni precedenti, aveva vestito i panni di numero uno nelle situazioni di emergenza. Volete sapere come andò a finire? Sicuri? Accontentati. Francalancia arriva ad Alessandria giungendo «sul campo mezz'ora prima dell'incontro, dopo aver viaggiato venti ore quasi sempre in piedi, senza dormire (…) e che di colpo è diventato il beniamino del pubblico». L'Alessandria vinse 1-0, tutto regolare, e non una riga a margine di nessuna storia del calcio.

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