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Alfréd Schaffer, l'artefice del nostro primo Scudetto

Il 13 febbraio del 1893 a Presburgo, l'attuale Bratislava, nasceva un uomo destinato a fare la storia sia da calciatore, sia da allenatore

Alfréd Schaffer portato in trionfo dai romanisti

Alfréd Schaffer portato in trionfo dai romanisti

13 Febbraio 2018 - 15:40

Il 30 agosto 1945, a bordo di un treno che si era appena fermato a Prien am Chiemsee in Baviera, fu trovato un corpo senza vita: a riconoscerlo fu un grande amante del calcio, che alla vista della salma non ebbe dubbi: l'uomo in questione era Alfréd Schaffer, ex calciatore e allenatore ungherese, in quel momento tecnico del Bayern Monaco, la cui fama era nota in tutto il continente.

IL MIGLIOR BOMBER EUROPEO

Nella prima metà del XX secolo, il calcio fu rivoluzionato e plasmato dalla cosidetta "scuola danubiana", un movimento nato tra l'Austria e l'Ungheria che affonda però le sue radici in Inghilterra: tra i fautori di questa sorta di "controriforma pallonara" Jimmy Hogan, allenatore dell'MTK Budapest in cui, tra il 1914 ed il 1919, militò lo stesso Schaffer. Era il centravanti della squadra, un bomber capace non solo di realizzare oltre 150 gol in nemmeno 100 presenze, ma anche di giocare al servizio dei compagni, proprio come è richiesto alle prime punte moderne. Dopo i 5 anni all'MTK, Alfréd girò l'Europa, mettendo il suo talento al servizio di Basilea, Norimberga, Austria Vienna e Sparta Praga.

IL PRIMO SCUDETTO GIALLOROSSO

Iniziata la carriera da allenatore, Schaffer vinse due campionati proprio con il suo amato MTK e, dopo qualche breve esperienza tra Germania e Romania, nel 1940 sbarcò a Roma per allenare i giallorossi. Al presidente Bazzini chiese due soli giocatori: il centrocampista Renato Cappellini e uno tra Mornese del Novara e Gallea del Torino. Arrivarono i primi due e la Roma ingranò subito la marcia necessaria per conquistare la vetta, complice anche la definitiva esplosione del ventenne Amedeo Amadei. Il 14 giugno 1942, battendo 2-0 il Modena allo Stadio del Partito Nazionale Fascista (il gol che sbloccò la gara lo fece proprio Cappellini, quindi raddoppiò Borsetti), la squadra giallorossa si laureò Campione d'Italia e il tecnico ungherese fu portato in trionfo dai circa 30.000 tifosi presenti.

Lasciata la Roma dopo il tricolore, allenò per una stagione in patria, portando il Ferencváros alla conquista della Coppa d'Ungheria, quindi si accasò al Bayern Monaco: erano gli anni del nazismo e della Seconda Guerra Mondiale, il campionato tedesco era diviso in cinque raggruppamenti regionali, e la squadra di Schaffer si aggiudicò la Gauliga München. Fu l'ultimo acuto del grande ungherese, che l'estate seguente morì. La sua fama, però, lo ha reso uno dei più celebri uomini di calcio del secolo scorso: l'uomo che, per la prima volta, portò lo Scudetto a Roma.

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