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23 gennaio 1983: Tancredi ferma l’amico Sella

Il portiere dello scudetto fu decisivo a Verona contro un talento che nel vivaio della Roma aveva iniziato la carriera e la riprenderà anni dopo

15 Gennaio 2018 - 13:00

Alberto Torresin, professione portiere, il 23 gennaio 1983 non si alza certo pensando che quel giorno farà la sua prima presenza in serie A. Scopre che tocca a lui solo a metà mattina, quando viene informato che il suo titolare, Garella, si è svegliato con 40 di febbre. Non è una mattina come le altre, per il Verona e per il campionato italiano di calcio. Al Bentegodi infatti arriva la Roma capolista, ma a rendere l'incontro decisivo sono altri fattori di contorno: tanto per cominciare, la squadra prima in classifica si presenta priva del suo miglior giocatore, Paulo Roberto Falcao, che è stato squalificato per l'espulsione rimediata negli ultimi minuti della gara contro il Cagliari, peraltro decisa da un suo gol. Ma questo problema lo risolve Nils Liedholm, non tanto perché al suo posto schiera Claudio Valigi, quanto per il commento, che peraltro accompagnava ogni situazione di quel campionato in cui quell'avvicendamento si rendeva necessario: «Per noi è meglio, perché possiamo giocare con l'assetto già provato nelle partite di Coppa Italia di agosto e nelle prime giornate di campionato». Geniale Barone, finivi sempre per credergli. Il secondo aspetto è che la partita di Verona viene aspettata da tutta Italia come l'occasione per far tornare la squadra giallorossa nei ranghi, non tanto a vantaggio dello stesso Verona, che, da neopromossa, è seconda in classifica a due punti dalla capolista, quanto, naturalmente, per far tornare definitivamente in corsa la Juventus, impegnata a Cesena. I titoli dei principali quotidiani, sportivi e non, della settimana, sono tutti concentrati su questo tema. Addirittura «Scusa Roma» è l'apertura della Gazzetta dello Sport, che evidentemente già prefigura il favore che i veronesi faranno ai bianconeri.

Voglio solo star con te

«Attestati nella curva Ovest - scrive Fulvio Stinchelli su Il Messaggero - i fans romanisti ammontano a quattromila unità. Ma come avranno fatto, si chiede il segretario del Verona, se a Roma abbiamo venduto millecinquecento biglietti?». La risposta, caro segretario del Verona, è valida ancora oggi. Voglio solo star con te. Non c'è da farsi tante domande. La partita inizia e dopo 40 secondi Alberto Torresin ha già una grande occasione per imparare. Con gli occhi. Guarda infatti, dalla parte opposta del campo, Franco Tancredi salvare la porta giallorossa su un tentativo di Volpati. E sembra avere imparato bene: prima respinge a mano aperta un sinistro proprio di Valigi, poi, con l'aiuto della traversa, salva su Pruzzo. La Roma è padrona del campo. Di Bartolomei lancia Conti, che pesca ancora Pruzzo in area, ma ancora Torresin nega il gol ai giallorossi. Per superare Torresin, ci vuole una prodezza. E arriva, grazie a Maurizio Iorio, che con un sinistro al volo da fuori area, raccogliendo un colpo di testa a liberare di Marangon (l'ex), porta in vantaggio la Roma. Il suo gol arriva poco dopo il vantaggio del Cesena, firmato da Schachner, contro la Juve. In quel momento la Roma è a 26 punti e la Juventus a 19. Tra le due contendenti al titolo ci sono addirittura due squadre, proprio il Verona e l'Inter. Dura due minuti il massimo vantaggio, perché il gol del pareggio è ad opera di Penzo. Un altro ex, lui che nella Roma aveva giocato nella stagione 1974-75, segnando una rete particolarmente significativa per la nostra storia: quella che decise Roma-Fiorentina. Quella dopo la quale, per la prima volta nella nostra storia, allo stadio Olimpico furono diffuse le note del nostro inno «Roma Roma». Domenico Penzo ci segnerà anche l'anno dopo, quando vestirà la maglia della Juve (cosa che in fondo già faceva segnando il gol del pareggio in questa occasione...), ma è un'altra storia. Il primo tempo si chiude con un'altra occasione per Penzo, parata da Tancredi, e con un palo colpito da Di Bartolomei su punizione.

La ripresa

Il secondo tempo è ben diverso. La Roma tiene palla, in nome del credo della ragnatela di Liedholm. Se ce l'abbiamo noi, non ci possono segnare. In due occasioni, però, ce l'hanno loro. Prima con Dirceu, che tira da lontano e Franco Tancredi respinge levando il pallone dall'incrocio dei pali. Poi, all'ultimo minuto, Fanna corre sulla destra e mette al centro rasoterra. A quel punto è veramente difficile descrivere ciò che accade, perché la palla arriva al centro dell'area, Tancredi prima la toglie dai piedi di Ezio Sella (proprio lui, che veniva dal settore giovanile della Roma e che lavorerà per anni nella Roma e ne sarà anche allenatore, seppur per poco), poi però deve rialzarsi e andare a parare un tiro a botta sicura dello stesso Sella, che ha i capelli che sembra Bruno Conti e la maglia numero 16 del Verona... Non si sa bene con quale forza riesca ad alzarsi e ad arrivare in tempo per parare un tiro fortissimo praticamente dall'interno dell'area piccola, ma ci riesce. «Un infortunio mio - dichiara nel post partita - causato da un ciuffo d'erba. La palla ha ingannato anche Sella, che ha dovuto girarsi prima di calciare. Sono rimasto in piedi, come faccio solitamente. Ho parato anche abbastanza facilmente». Anni dopo però dev'essersela rivista. E l'ha raccontata così: «Mi ricordo un tiro in diagonale, la palla fu deviata da un nostro difensore, io l'ho schiaffeggiata, l'ho messa sullo spigolo dell'area piccola dall'altra parte, dove c'era il mio amico Ezio Sella... Si è trovato il pallone con la porta spalancata e ha calciato dritto. Mi ricordo che mi sono girato su me stesso, ho aggredito Sella sotto i piedi, lui ha tirato una botta talmente forte e io sono andato talmente veloce sulla palla che l'ho presa sulla linea e la palla mi è rimasta in mano. Non so se c'è stata abilità, sicuramente c'è stata anche un po' di fortuna». Ecco, una cosa in comune con quel giorno è la tendenza a non darsi meriti particolari. «Gli elogi mi piacciono – dice negli spogliatoi - ma spero sempre che vengano rivolti alla squadra. Quando vanno a un portiere significa che ci si è difesi. Qui a Verona non è stato così. La Roma ha dominato per lunghi tratti, è stata sfortunata». E il tiro di Dirceu? «Una cosa normale. Vedeste che tiri che mi fa Liedholm in allenamento...» Ci crediamo.

L'allungo

La classifica, al termine della giornata, dice: Roma 25, Verona 23. E i gialloblù sono ancora secondi, perché la Juventus, ferma a quota 20, non è riuscita a battere il Cesena. Ha pareggiato 2-2. Il sentimento generale è perfettamente descritto, come spesso gli è capitato in carriera, ancora da Fulvio Stinchelli, che ha sempre avuto Franco Tancredi tra i suoi preferiti: «Verona, è chiaro, sperava di più, confortata dal coro di piagnistei che ormai tutta la stampa nazionale ha posto a suo sostegno. I giornalisti del nord si raccolgono negli spogliatoi soccorrevoli al capezzale di Giulietta delusa. Le donne veronesi che avrebbero dovuto, anche loro, godere, si vedono costrette a rinvare l'orgasmo a più propizia occasione. La Gazzetta dello Sport aveva intitolato il suo fondo di ieri ‘Scusa, Roma'. Scusa? Non c'è di che. La lupaccia ha sempre l'osso tra le zanne e non lo molla». Deve aver ragionato così anche Franco Tancredi. Sì, a riguardare quell'azione, sembra proprio un lupo che invece dell'osso vuole il pallone e che si avventa su di esso. E che poi, una volta agguantato, non lo molla. Ce lo aveva già fatto vedere nella finale di Coppa Italia del 1980 contro il Torino, quando dopo aver parato il calcio di rigore decisivo per portare la serie a oltranza, era rimasto per qualche secondo accartocciato sul pallone come ad essere sicuro che non gli scappasse. Come ad essere sicuro di averlo parato davvero. Come, appunto, un lupo che ha sempre l'osso tra le zanne e non lo molla.

Gli elogi

La Roma divenne grande quel giorno, nel 1980, che abbiamo già raccontato. E suggellò il tutto in quell'anno santo 1983, che iniziò proprio con un'altra grande parata di Franco Tancredi, che solo negli spogliatoi di Genova l'8 maggio si prese i meriti che gli spettavano. «Sono il numero uno della squadra numero uno». Era così. Non solo quel giorno a Verona. Quel giorno che però rimarrà sempre il giorno di Franco Tancredi. E pensare che doveva essere il giorno della riapertura del campionato o, al massimo, di Claudio Valigi e di Alberto Torresin. Paulo Roberto Falcao a fine partita si sperticherà in complimenti a Valigi. «È stato eccezionale. Il migliore in campo. Non so se avrei potuto girare a quei ritmi. Nel finale era ancora fresco e ha tanta classe». Claudio Valigi giocherà titolare anche la domenica successiva, contro la Sampdoria, e poi, scontata la squalifica del brasiliano, non metterà più piede in campo in quel campionato. Anche quel giorno segnerà Maurizio Iorio. E Alberto Torresin? «È un ragazzo in gamba. Ha dei numeri ed è freddo». Furono le ultime parole di Franco Tancredi quel giorno negli spogliatoi. Fu, quella, la prima e ultima partita in Serie A di Alberto Torresin.

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