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"Ricuciamolo insieme", ecco la sfilata con gli abiti disegnati dai detenuti di Rebibbia

Una serata tutta dedicata ai carcerati e al loro reinserimento sociale. In passerella gli abiti realizzati dai reclusi del corso di taglio e cucito

15 Giugno 2018 - 14:36

Una serata dedicata alle emozioni, in nome di Ilario Piscioneri, sarto italiano scomparso improvvisamente poco tempo fa. Ieri sera alle ore 20 nell'area verde dell'Istituto penitenziario di Rebibbia ha sfilato la moda "Made in Rebibbia", la prima collezione di abiti sartoriali maschili realizzata dai detenuti che hanno frequentato il corso di taglio e cucito. L'iniziativa "Made in Rebibbia, ricuciamolo insieme" è partita il 25 settembre 2017 grazie all'accordo tra l'Accademia Nazionale dei Sartori e l'Istituto penitenziario di Rebibbia, sostenuta dalla BMW Roma che ha finanziato l'acquisto di materiale didattico ed attrezzature, rientra nel progetto più ampio della rieducazio-ne e del recupero. Sono state ore di ringraziamenti, di ricordi, di dichiarazioni importanti, oltre che un momento breve ma intenso per i detenuti, che hanno voluto dimostrare di essere capaci di "ricucire" il loro rapporto con la società, interrotto al momento dell'arresto. La serata è iniziata con l'intervento di voci autorevoli sul palco, dalla direttrice del carcere al presidente dell'Accademia dei sartori, passando per magistrati e personaggi politici, come l'assessore Frongia.

Tutti hanno riconosciuto la bravura e la dedizione dei ragazzi, la loro voglia di rimettersi in gioco e l'importanza all'interno del carcere di attività che siano in grado di farli sentire ancora parte di una società, dalla quale, sbagliando si sono allontanati. Tante volte è stato fatto il nome di Ilario Piscioneri, padre del progetto, tanti sono stati i ringraziamenti e la commozione nel ricordarlo. I primi a essere fortemente legati a quello che è stato il loro mentore, sono stati proprio i detenuti, che alla fine della sfilata hanno esibito una maglietta bianca con sopra stampata la foto di Ilario. Una serata ricca di emozioni, attenta al sociale e non solo. A sfilare sono stati gli stessi dieci detenuti che hanno preso parte al corso e sulla passerella si sono visti pezzi unici, realizzati con le loro mani, secondo i propri gusti e con le tecniche insegnategli da due maestri. Giacche, gilet, pantaloni, camice e scarpe. Tanti colori e tanti modelli, così come tante sono state le idee avute dai detenute e tanto è stato l'impegno che hanno messo nella realizzazione di questi pezzi, con la speranza che magari un giorno qualcuno possa indossarli o che la loro abilità, una volta usciti dal carcere, possa diventare il loro lavoro. La serata è andata avanti con video commemorativi del maestro Ilario, tra le lacrime dei detenuti e dei partecipanti. A questi ragazzi sono stati consegnati degli attestati dai tre figli di Ilario, Daniele, Manuele e Alessandro, eredi senza dubbio dell'arte del padre. E i detenuti hanno voluto dimostrare la loro gratitudine con un gesto tanto semplice quanto forte: hanno scritto una lettera a Ilario e gli hanno dedicato una canzone. Tra le lacrime dei partecipanti si è conclusa questa serata, importante per tante persone e per tanti motivi.

Moda e carcere

In passerella i risultati del primo dei tre anni di corso: giacche, gilet, pantaloni interamente realizzati da otto dei dodici detenuti, aspiranti sarti che frequentano il corso e che per una sera saranno anche indossatori. Il défi-lé, condotto da Paolo Cecinelli e Francesca Mercantini, presenta 20 creazioni "Made in Rebibbia" che rac-chiudono la proposta stilistica del laboratorio di Alta Sartoria. La finalità del percorso didattico è formare figure professionali in grado di rispondere alle richieste del mercato e di creare opportunità concrete di reinserimento sociale. La realizzazione della sfilata è stata curata dai detenuti anche relativamente agli aspetti organizzativi e scenici. Un istituto, quello della casa circondariale di Rebibbia, che sa guardare al futuro e che si mostra ancora una volta attento alle iniziative che mirano alla rieducazione, valorizzazione del talento e reinserimento sociale dei detenuti. Le parole di Ilario Piscioneri sono state il motore di tutto questo e della bellezza di una serata di metà giugno come quella di ieri: «È stata una mia idea quella di entrare in carcere per aiutare i ragazzi a socializzare, impiegare il tempo per acquisire un mestiere e avere la possibilità di trovare un lavoro in un laboratorio sartoriale o organizzarsi autonomamente, dopo aver scontato la pena. L'apprendimento richiede pazienza, precisione, autocontrollo, doti importanti anche per realizzare un percorso di recupero e reinserimento». Possiamo dire a Ilario, ovunque lui sia, che il suo scopo è stata raggiunto

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