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23 ottobre 1983, Lazio-Roma 0-2: novecento metri quadrati d'amore

A tre minuti dal fischio d'inizio la Curva Sud dà vita alla più bella coreografia di sempre, nata da un'emergenza

23 Ottobre 2017 - 14:53

Noi da Campioni d'Italia, con il tricolore cucito sul cuore; loro da neopromossi. Noi in maglia rossa, eleganti sempre; loro in bianco con un volatile sulla schiena. Il 23 ottobre 1983 è il giorno in cui la Roma batte quegli altri non solo sul campo, ma per l'eternità: lo fa grazie a Nela e Pruzzo, ma soprattutto grazie alla Curva Sud, che a tre minuti dal fischio d'inizio srotola "novecento metri d'amore giallorosso", come scriverà il giorno dopo Il Messaggero.

Loro sono tornati in Serie A dopo tre anni: stavano dove la giustizia aveva deciso. Le curve sono stracolme, l'atmosfera è elettrica: dobbiamo essergli mancati molto, perché sono smaniosi di fare bella figura. Si arrabattano come possono. Nulla possono, di fronte a quello che sta per accadere in Sud, dove alla base campeggia un lungo striscione che recita: "Una fede... una volontà... un traguardo... vincere malgrado tutto". Le torce e i fumogeni scaldano il primo pomeriggio romano. "La nostra certezza è grande come la vostra illusione", ricordano i romanisti.

Alle 14:25 circa una dichiarazione d'amore lunga la curva della nostra memoria inizia ad essere srotolata in Sud. Cosa ci sarà scritto?, si chiedono in tanti, compresi quegli altri. Cinque lettere, tanto basta. Cinque lettere rosse come il sangue che risaltano sullo sfondo bianco. Ci hanno lavorato tutti i ragazzi del Commando per una settimana, a quel capolavoro nato per un'emergenza: la coreografia iniziale non si poteva fare. Cinque lettere e basta, senza disegni, ma valgono quanto un van Gogh o un Rembrandt, anzi molto di più. Valgono una storia intera, una vita intera. "TI AMO".

Tutto maiuscolo, senza punti esclamativi o ghirigori. L'amore non ha bisogno di abbellimenti o illustrazioni, tanto meno di spiegazioni. Perché come diceva il poeta "l'amore ha l'amore come solo argomento". Perché come dice qualcun altro "nella vita non si può più che amare". TI AMO, dice alla Roma la sua gente. È un caps lock agli antipodi del grido dell'analfabeta funzionale facebookiano odierno: è un caps lock che esplode fuori dal cuore, perché è talmente grande che non riesci a tenerlo.

Nessuna coreografia, neanche la più precisa ed elaborata del mondo, potrà mai raggiungere la semplice grandezza e la grande semplicità di quelle cinque lettere che sembrano scritte sul sangue su novecento metri bianco latte. Perché c'è scritta l'unica cosa che conti davvero nella vita. Fu come un boato silenzioso quando venne srotolato.

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