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Dall'arrivo al rinnovo, l'anno ruggente di Di Francesco

Il precampionato fra alti e bassi, poi un ottimo esordio. Il primo posto nel girone di Champions. Il male d’inverno e le notti magiche di Coppa

19 Giugno 2018 - 07:30

Oggi, un anno fa, era trascorsa una settimana appena dall'arrivo di Eusebio Di Francesco sulla panchina della Roma, avvenuto il 12 giugno 2017. Un giorno, una settimana e un anno a scandire un tempo che adesso appare inscindibile dal nome del tecnico. È ancora presto per parlare di era difranceschiana, ma è certo che l'impronta del tecnico faccia ormai parte della storia contemporanea del club.

Eppure non è sempre stato così. Il ritorno nella Capitale, dove pure aveva lasciato tanti amici, non ha conquistato immediatamente l'unanimità dei consensi. Non avrebbe potuto con un clima vicino all'incandescenza. Troppo presente la scia della stagione conclusa da poco; troppo forte il fuoco delle polemiche che aveva accompagnato l'ultimo periodo spallettiano; troppo vivo il ricordo del 28 maggio e dell'addio del più grande di tutti. Un coacervo di emozioni non sempre positive. E dall'altro lato un ottimo allenatore, ma di fronte al primo vero grande salto in carriera.

A Sassuolo Di Fra ha messo in mostra molte delle sue doti, ma c'è chi teme che in una piazza come Roma, in un momento storico simile, non bastino. In molti si spingono oltre, paventando scriteriati offensivismi in campo e coniando il grottesco neologismo che prevede un mercato all'insegna di una presunta "sassuolizzazione". In realtà dal club neroverde arrivano Lorenzo Pellegrini (ma è un ritorno dopo tutta la trafila nel vivaio di Trigoria e un biennio a crescere in Emilia) e Defrel. Il resto degli acquisti è variegato per età, provenienza calcistica e qualità: da Kolarov a Schick, da Gonalons a Ünder, non c'è nulla di scontato nella campagna del duo Di Francesco-Monchi, fin dal primo istante in grande sintonia.

Il precampionato è discreto nei risultati, un po' meno nel gioco ma è fisiologico e per una volta la pazienza sembra avere la meglio sugli isterismi. Fino all'amichevole agostana col Celta Vigo, nella quale la Roma incassa 4 gol che vengono spacciati come presagio di sventura imminente. Invece il debutto in campionato va ben oltre ogni più roseo pronostico: Bergamo è espugnata grazie a Kolarov, nell'esordio casalingo solo pali e arbitri negano il bis con l'Inter, poi vengano inanellate nove vittorie nelle successive dieci gare.

Ma è in Champions che la squadra sorprende: dopo un soffertissimo pareggio all'Olimpico contro l'Atletico, arrivano la vittoria a Baku e i sei gol in due partite al Chelsea di Conte. In straordinaria rimonta a Stamford Bridge, con un perentorio 3-0 in Italia. Nel frattempo in campionato la Roma si conferma squadra da trasferta: cinque vittorie consecutive fuori casa (con soli due gol al passivo) che sommate alle sette del precedente campionato regalano il record assoluto per la Serie A. E tanto per smentire ogni pregiudizio, gli uomini agli ordini di Di Francesco trovano nella fase difensiva il punto forte: i giallorossi incassano pochissimi gol, ma anche tiri.

Fra dicembre e gennaio il castello sembra crollare con una sequenza di partite senza vittorie (e l'inopinata eliminazione al primo turno di Coppa Italia), fino a quando Di Fra dà fiducia al giovane Ünder, che lo ripaga con gol e assist, rimettendo il gruppo in corsa. Poi salgono in cattedra i leader, Dzeko e De Rossi su tutti: la Roma schianta il Barcellona nei quarti di Champions e arriva a un passo dalla finale di Kiev, riconquistando la qualificazione anche per la prossima stagione con un buon terzo posto in campionato. Un'ottima annata e la fiducia riconquistata sul campo per il tecnico, con l'enorme merito di aver contribuito a far riesplodere l'amore fra la Roma e il proprio popolo.

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