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Tommasi ritrova la voce: «Gravina e Sibilia volevano solo i nostri voti. Di Biagio merita la Nazionale»

Damiano intervistato da Il Romanista sulla situazione della Figc: «Fabbricini? È un nome che avremmo appoggiato. Le soluzioni erano lì, ma non le hanno volute trovare»

10 Febbraio 2018 - 11:00

Damiano Tommasi, eravamo rimasti alle polemiche per lo stallo federale. Ma tu non avevi la forza di parlarne. La sera in cui il calcio italiano ha alzato bandiera bianca tu sei rimasto proprio senza parole...

«Infatti sono stato costretto a stare a riposo. Un paio di giorni con la febbre e senza voce».

Così avrai avuto modo di ripensare a tutto il mese precedente. Intenso, no?

«Veramente per me era più importante immaginare il futuro. Capire dove si andrà a finire col commissario».

Hai avuto modo di incontrare il commissario Fabbricini?

«Non ancora. Lui è partito per la Corea, io sono stato fuori 2-3 giorni. Ci sarà modo la prossima settimana».

Ma è vero che tu avevi previsto tutto sin dall'inizio della competizione elettorale?

«No, nessuno poteva prevedere il commissariamento, l'unica cosa che abbiamo sempre saputo come calciatori è che avremmo mantenuto il punto di fronte a qualsiasi trattativa sui voti. O noi o nessun altro, questo abbiamo detto sin dall'inizio, quando abbiamo capito che non sarebbe stato individuato un quarto candidato».

Tornando indietro rifaresti tutto? O ti rimproveri qualche errore?

«Non lo so, non ha molto senso pensare al passato. Penso che sia stato fatto tutto nella maniera migliore in rapporto alla proposta fatta dalla nostra componente, sapendo che sarebbe stato complicato ottenere una vittoria. Non impossibile, ma complicato. Forse a valle delle elezioni politiche si riuscirà a fare qualcosa di diverso».

La politica ha avuto un peso nell'esito della competizione elettorale?

«Di alcuni soggetti in campo, mi riferisco ad esempio a Sibilia e Lotito, si conoscevano già gli impegni politici. Vedremo quali equilibri interni o esterni si assesteranno».

Lotito va dicendo che dopo il 4 marzo cambierà tutto.

«Appunto, vedremo. Che sia candidato si sapeva da tempo. Vedremo che tipo di governo verrà fuori e che rapporto si instaurerà con chi governerà il calcio».

È un augurio o un timore?

«Nella gestione federale la politica non deve entrare, questo lo sappiamo. Ma da cittadino e da dirigente sportivo spero che ci sia ancora un ministro dello sport in grado di affiancare lo sport. Almeno come figura. Poi se sarà una persona sbagliata non lo so».

Stai dando atto al ministro Lotti di aver lavorato bene?

«Sì, penso che abbia lavorato bene come Ministro dello Sport. Mi riferisco alle questioni previdenziali, all'attenzione per la maternità per le sportive, all'impegno per la riforma della legge '91. Si tratta di entrare nel merito delle questioni sportive da un punto di vista diverso rispetto a quello dal quale possono entrare le federazioni».

C'è qualcosa che ti ha deluso fortemente in quel mese folle?

«Beh, quello che ho detto nel discorso tenuto in assemblea. Il fatto che si stia guardando ancora oggi alle persone e non ai progetti. È il segnale di quanto serva il cambiamento. Il nostro è un sistema perverso che ti porta a pensare ai voti e meno ai programmi».

Molti hanno accusato anche te. Anche tu in fondo non hai mai fatto un passo indietro.

«Ma io avevo fatto il passo avanti proprio perché gli altri due non rappresentavano secondo noi il cambiamento. Il passo indietro lo avrei fatto se si fosse trovato un accordo sul quarto candidato. Non poteva esserci un cambiamento se non con noi. E poi volevamo un ruolo per fare quello che si deve fare in questo momento. E potevamo farlo solo essendo al vertice».

Quando Sibilia ha fatto quelle offerte per affiancarlo non hai pensato neanche per un momento di accettarle?

«Non ho mai avuto dubbi sin dal momento in cui mi sono candidato che la questione sarebbe stata definita solo alle urne. Il nostro percorso è stato chiaro dall'inizio alla fine. Non avrebbe avuto senso accettare offerte, se non per prendere la presidenza».

Così era chiaro che non si sarebbe mai trovata una soluzione.

«Invece ce n'erano. Penso ad esempio a Roberto Fabbricini, figura di spicco del Coni che oggi è stato nominato commissario. Se fosse uscito prima il nome, e nei discorsi qualche ipotesi era stata avanzata, sarebbe stato eletto presidente e non nominato commissario successivamente. È un nome che avremmo appoggiato pur non essendo un calciatore, a conferma del fatto che eravamo aperti a soluzioni diverse».

Con Gravina che cosa non ha funzionato? In fondo i vostri programmi erano simili, non ti sembra?

«Ni. C'era stata una intesa inizialmente. Ma mi è apparso presto chiaro che per Gravina quello sarebbe stato l'unico modo per sperare di incontrare i nostri voti. Parlava bene della nostra componente, ma, appunto, solo a parole. Nei fatti non è stato così. Questo è uno dei motivi principali di inquinamento della campagna elettorale. L'obiettivo erano i nostri voti. Usando anche una certa attenzione a non offrire troppo per non suscitare reazioni tipo "non ci vendiamo". Per me anche da parte sua non c'è mai stata la volontà reale di appoggiare la nostra candidatura».

Per quello che hai capito, Lotito è realmente un personaggio influente del nostro calcio?

«Sempre per la solita logica: lui è uno che sposta un po' di voti. Anche se a dire la verità poi nei fatti ne ha persi un po' per strada. Perché Sibilia ha perso un po' di voti, se li contiamo. Non so chi dei due li ha persi, ma è successo. Lotito è uno di quelli che si muove con i voti in mano, peraltro da solo ha già due squadre. Un'altra anomalia del sistema».

Si può dire alla fine che il vero vincitore della competizione sei stato tu? Del resto sono tutti convinti che tu eri d'accordo con Malagò per arrivare a questa soluzione. E alla fine con Malagò sono arrivati al potere anche i calciatori: Costacurta e Corradi.

«Prendete la rassegna stampa del 14 novembre, i commissari previsti erano già annunciati. Ma io non ho fatto alcun calcolo. Altro che vincitore. Questa è una sconfitta per tutti, per chiunque faccia parte del nostro sistema. E ricorderei a tutti che la decisione dei calciatori di votare scheda bianca è arrivata prima del possibile accordo tra Gravina e Sibilia. Se si fossero accordati, uno dei due sarebbe stato eletto presidente. Quindi che piano sarebbe stato il mio? Nessuno poteva sapere che sarebbe finita così».

Con Costacurta e Corradi hai già parlato?

«Con Bernardo ho parlato e con Billi ci siamo dati appuntamento a breve. Che oggi serva la figura del calciatore a livello comunicativo lo sapevamo. Billi era uno dei nomi che avevamo fatto nelle nostre chiacchierate come quarto possibile candidato. Se riuscirà a fare delle cose si vedrà. Il commissario dovrà pensare innanzitutto alla nuova governance. Non so come opereranno nelle scelte. Ma di sicuro delle decisioni verranno prese, le vedremo, le giudicheremo. Ad esempio, dovranno ripensare le norme per le iscrizioni ai campionati e se non cambiano qualcosa non sarà certo il modo migliore per avviare le riforme. Se non si trova un modo per dare garanzie al sistema che ogni società iscritta a un campionato possa finirlo è un problema. E se si rimanda la discussione sulla nuova governance si rischia di perdere altro tempo, gli anni passano e i problemi aumentano...».

Chiudiamo con Di Biagio? Sembra debba fare solo il traghettatore per due amichevoli in attesa di un big. Condividi questa visione?

«Non so se sia opportuno che un Commissario Straordinario faccia una scelta che ricadrà sul futuro presidente Figc. Gigi ha fatto un lungo percorso federale e oggi penso che sia corretto che gli venga data la chance di allenare la Nazionale maggiore».

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