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Bundesliga: una minaccia chiamata Red Bull Lipsia, il club che ha messo le ali

Come l’azienda austriaca ha aggirato la "regola del 50%+1" su cui si basa il calcio tedesco dal 1998 e che impedisce a singoli azionisti di controllare i club

23 Gennaio 2018 - 14:30

Quando nel 1998 il calcio tedesco aprì all'investimento dei capitali privati nei club professionistici, fu imposto dallo statuto della Dfl che i tifosi avrebbero sempre mantenuto la quota di maggioranza del club attraverso le quote sociali (di qui la "regola del 50%+1", alla base dello spirito comunitario del calcio tedesco). Solo due club, al tempo, furono esentati dall'obbligo: il Bayer Leverkusen e il Wolfsburg, in quanto fu stabilito che nel caso in cui una persona o un'azienda (in questo caso la Bayer e la Volkswagen) avesse finanziato un club per più di 20 anni avrebbe potuto acquisirne una quota maggioritaria. Solo una squadra negli ultimi 20 anni è riuscita ad aggirare la regola del 50%+1. È il Red Bull Lipsia, riconosciuta a livello internazionale (ne ha parlato anche il Guardian) come la "squadra più odiata di Germania".

La storia di questa squadra è incredibile. Nel 2009 un piccolo club di quinta divisione sassone, il SSV Markranstädt, viene acquistato dalla Red Bull. L'operazione fa parte di un vasto progetto dell'azienda produttrice di bevande energetiche: quello di dotarsi di formazioni di calcio professionistico in numerosi campionati del mondo. Al momento dell'acquisto, infatti, la multinazionale austriaca possiede anche un club in Bundesliga austriaca (il RB Salisburgo), uno nella Mls statunitense (i New York Red Bulls) e uno nel campionato paulista (il Red Bull Brasil). La nuova proprietà del Markranstädt impone subito l'identità visiva del brand Red Bull: i colori diventano rossoblù e il logo viene ridisegnato con i celebri tori rossi. Il nome viene cambiato del tutto (e il piccolo club rifondato e reso indipendente dall'azienda): si sceglie di legare la nuova squadra alla città di Lipsia, centro della Germania Est ritenuto potenzialmente un ottimo bacino di tifosi e quindi un'occasione di business. Il nome scelto è "RB Lipsia", con l'espediente della sigla per aggirare la regola della Bundesliga che vieta di inserire nomi di aziende nel nome (a meno che non sia una partnership più che ventenne). Ufficialmente, infatti, le due lettere nel nome del Lipsia stanno a significare RasenBallsport, che corrisponde all'abbastanza ridicola definizione di "sport della palla sul prato".

Ma quello del nome è solo uno degli espedienti utilizzati dal gruppo austriaco per poter controllare una squadra in Bundesliga. Il più sbalorditivo è senza dubbio quello con cui la Red Bull è riuscita a controllare un club dribblando la regola del 50%+1, come mai nessuno si era azzardato a fare prima. La società è infatti nominalmente controllata da un'azienda a garanzia limitata costituita ad hoc con un ristretto gruppo di soci, di cui buona parte dipendenti del gruppo Red Bull. Il "pericolo" dell'iscrizione di altri soci è stato scongiurato imponendo prezzi altissimi per la membership (100 euro una tantum più 800 annui, contro i 30-60 del Bayern), ma soprattutto mantenendo il potere di rifiutare qualsiasi iscrizione senza spiegazioni. Di fatto, nel 2016, i "soci" che detenevano il controllo del RB Lipsia erano solo 17, contro i 139mila, ad esempio, che costituivano la linfa vitale del Dortmund.

Questi e altri motivi più ideologici sono alla base dell'antipatia che la squadra della Red Bull suscita ai tifosi tedeschi, che la accusano soprattutto di distruggere lo spirito comunitario del calcio nazionale. Alcune partite contro squadre dallo spirito tradizionalmente comunitario e dalla forte legame con i tifosi, come il Sankt Pauli e l'Union Berlin, sono state vissute come veri e propri scontri tra due visioni opposte del calcio e del mondo. Proprio il Sankt Pauli, in vista di una gara con il Red Bull Lipsia, si rifiutò di fare pubblicità alla Red Bull sul match program, e scrisse semplicemente "Lipsia". Ma anche il Borussia si è rifiutato, in passato, di stampare le classiche sciarpe celebrative "a metà". I detrattori della Red Bull sono arrivati anche a gesti più eclatanti e cruenti, come quando i tifosi della Dinamo Dresda hanno tirato una testa di toro mozzata in campo. I sostenitori della squadra, tuttavia, fanno notare che senza la Red Bull l'area di Lipsia sarebbe rimasta senza grandi club da tifare e che la multinazionale sta offrendo la prima occasione di riscatto calcistico alla Germania Est, che non ha mai colmato il gap sportivo con quella Ovest dalla caduta del muro in poi. La partita è appena iniziata e vede sfidarsi due concezioni del calcio radicalmente opposte, mettendo in discussione l'anima collettiva e comunitaria del calcio tedesco

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